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Riccardo Redaelli – L’Iran contemporaneo – 2009

Riccardo Redaelli
Roma, Carocci, 155 pp., euro 13,80

Anno di pubblicazione: 2009

Dal 1978, anno della rivoluzione islamica, l’Iran è stato oggetto di numerose pubblicazioni da parte di specialisti e non. Tale mole è viepiù aumentata con l’avvento al governo dei riformisti di Khatami, prima, e dell’ultraconservatore Ahmadinejad poi. Il libro di Riccardo Readelli è uno degli ultimi e, probabilmente, uno dei più felici volumi sull’argomento. L’Iran contemporaneo si propone di guidare il lettore – che si presuppone punto o poco addentro alle questioni iraniane – nelle intricate vicende che il paese ha vissuto dal 1925 ma, come dice il titolo, soprattutto dalla rivoluzione khomeinista in poi. La storia degli anni che vanno dal 1925 al 1979 è trattata in modo sintetico ma puntuale. Redaelli delinea con precisione l’ascesa della dinastia Pahlavi e il suo tentativo di modernizzare il paese attraverso una gestione autocratica del potere ed è attento a non cadere nei luoghi comuni della storiografia sull’Iran. Un esempio è il giudizio che dà dell’operato di Mosaddeq, considerato, pressoché unanimemente, una delle figure fondatrici della coscienza nazionale iraniana e della lotta democratica contro la tirannide Pahlavi. L’a., acutamente, sottolinea come le convinzioni democratiche di Mosaddeq fossero meno salde di quanto sia comunemente ritenuto giacché manifestò, egli stesso, tendenze autoritarie e personalistiche nella gestione del potere (p. 24).La parte migliore e più interessante del libro sta, a ogni modo, nei capitoli che riguardano la storia dell’Iran dal 1979 alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2009. In queste pagine l’a. è molto abile nel rendere la complessità del tessuto politico e sociale del paese, senza però venire meno a una chiarezza di scrittura e di esposizione. Redaelli spiega come la categorizzazione delle correnti politiche iraniane – radicali, conservatori, riformisti, ecc. – siano etichette utili per rappresentare la situazione del paese a chi la osservi dall’esterno, ma esse celano, nella sostanza, realtà molto più complesse e spesso fra loro interconnesse. Khatami, per esempio, che ha pur rappresentato una speranza di svolta per molti iraniani, ha cercato di democratizzare il paese, rimanendo però nell’alveo degli ideali del ’79 depurati dagli aspetti di aggressività verso l’Occidente e verso i vicini regionali. Egli, quindi, non è un elemento di rottura, ma di continuità interna al regime, essendo molto vicino a Khomeini «avendone sposato una nipote ed essendo intimo di uno dei figli» (p. 85). Ahmadinejad, invece, è definito da Redaelli un elemento invisibile del sistema «legato ai servizi di sicurezza e alle forze dei pasdaran (da cui infatti egli ha avuto un sostegno elettorale decisivo)» (p. 109). Egli ha svolto un lungo apprendistato come amministratore locale per poi essere lanciato sulla scena nazionale come alternativa – di stampo populista – sia ai riformisti sia ai conservatori pragmatici. La sua ascesa è stata funzionale anche alla guida della rivoluzione Khamenei, che si è liberato dalla scomoda coabitazione con i riformisti.In conclusione, non si può che consigliare L’Iran contemporaneo a chi voglia farsi un’idea chiara sulle vicende iraniane attraverso un volume di facile lettura ma, al contempo, preciso e scientificamente accurato.

Daniele Guizzo