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Robert Casillo – The Empire of Stereotypes. Germaine de Staël and the Ideas of Italy – 2006

Robert Casillo
New York, Palgrave MacMillan, X-379 pp., s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2006

Nel 1907 Camillo von Klenze, in un saggio che voleva essere innanzitutto un contributo allo studio dell’Italienische Reise di Goethe, fissava la sua attenzione sul ruolo che l’interpretazione dell’Italia aveva svolto nella cultura europea degli ultimi due secoli. Su questa stessa linea si muove l’autore: il passaggio da un’immagine ancora settecentesca dell’Italia, razionalista, centrata su Roma e sull’ideale classicista di ordine ed armonia, ad una tipicamente ottocentesca, che identifica il problema italiano del nuovo secolo con la passione, la sincerità, la spontaneità, il desiderio erotico (p. 42). E che, soprattutto, gravita intorno a nuovi poli urbani: Firenze e Venezia (e non Roma, con una predilezione decisamente anti-Chateaubriand e, in anticipo, anti-Stendhal) sono le capitali dell’Italia sognata della cultura romantica. Su questo sfondo Casillo legge Corinne ou l’Italie. Il romanzo che M.me de Staël pubblica nel 1807 inaugura un nuovo mito dell’Italia, risolvendo l’imponente mole di giudizi (e di stereotipi) accumulati nei due secoli precedenti da una sconfinata e polemica letteratura di viaggio, in una nuova sintesi culturale: «The importance of Staël as an interpreter of Italy is that her highly popular novel fuses and synthesizes these sometimes contrary strains in travel writing and in this way bequeaths a new feeling for Italy to the entire nineteenth century» (p. 43). Il passaggio «dal declino alla scoperta», dal pregiudizio ad una nuova comprensione dei costumi e della società italiana alle soglie dell’età romantica è al tempo stesso una profonda revisione dell’iniziale avversione staëliana per la penisola e la sua tradizione storico-culturale, che l’autore identifica senz’altro nelle pagine di De la littérature (1800), con i suoi giudizi generici su Dante e Petrarca (nonostante Vincenzo Monti) e il monumento eretto a Shakespeare. Artefici di questa revisione sono, da un lato, gli esuli italiani che l’autrice incontra a Coppet, in particolare Francesco Melzi d’Eril; dall’altro la nuova estetica di Winckelmann e dei fratelli Schlegel (August Wilhelm ha un ruolo importante nella scoperta staëliana dell’Italia). L’Italia amata da M.me de Staël è, evidentemente, la nazionalità negata dall’oppressione napoleonica. Un principio dialogico di esplicita derivazione bachtiniana struttura l’argomentazione di Casillo: De la littérature e Corinne e, nel romanzo del 1807, Oswald, il campione della moralità protestante e del nuovo spirito nord europeo e la sua sofferta amata italiana, figura di una dignità misconosciuta. Sulla base di questo principio Casillo costruisce i suoi capitoli, che muovono sempre da un iniziale disdegno verso una più attenta valutazione della complessità italiana. Dentro questa struttura dicotomica alla fine, tuttavia, resta imprigionato lo stesso autore che, preoccupato di mostrare innanzitutto come molti degli stereotipi negativi dei viaggiatori stranieri abbiano un fondamento oggettivo, quantomeno parziale, nel declino settecentesco della penisola, riflette in maniera inconsapevole l’autorappresentazione della modernità anglosassone e nord europea che lo specchio italiano assicura al passaggio tra diciottesimo e diciannovesimo secolo. Forse non è dell’Italia che parla Corinne.

Adolfo Scotto di Luzio