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Robert Gildea, Olivier Wieviorka, Annette Warring (a cura di) – Surviving Hitler and Mussolini: Daily Life in Occupied Europe – 2006

Robert Gildea, Olivier Wieviorka, Annette Warring (a cura di)
Oxford-New York, Berg, 244 pp., £ 50,00

Anno di pubblicazione: 2006

Quale vita quotidiana è possibile in un contesto di guerra totale, occupazione e soggezione a un ordine politico nazi-fascista? Questa la domanda chiave del volume che raccoglie i risultati di una ricerca su «Occupazione in Europa: l’impatto del dominio nazionalsocialista e fascista» sponsorizzata dalla European Science Foundation. Il libro presenta uno studio comparato sulla reazione dei civili ai trasferimenti in massa, al lavoro forzato, alle politiche di occupazione, alla carestia e al comportamento delle truppe occupanti, in quasi tutta l’Europa e per l’intero periodo della guerra. In due contributi, quelli di Warring su Relazioni intime e sessuali e di Vo?sahlíková, Rochet e Weiss su Sistema scolastico e incontro culturale, si trovano esempi di ricerca originale, ma nel resto del volume la comparazione è troppo vasta e gli autori sono costretti a riflettere soprattutto su lavori già esistenti. Per il caso italiano, non vi è ricerca diretta e, se si escludono pochi casi (Portelli e Pavone, per esempio), i suggerimenti bibliografici si limitano a qualche testo inglese, tanto che la ricchezza della ricerca fatta in Italia è largamente perduta: un fatto inevitabile in un volume di tale ambizione geografica. Nei capitoli di Voglis (Sopravvivere alla fame) e di Gildea, Luyten e Fürst (Lavorare o non lavorare?) l’interesse principale rimane, malgrado gli intenti, quello delle politiche degli occupanti. Le osservazioni sul mondo del lavoro, che partono da questioni importanti (come l’esistenza di forme di autonomia nella scelta di collaborare, o il rapporto fra scelte politiche e di sopravvivenza), presentano una sintesi di altre ricerche, nel tentativo di comparare la situazione in quasi tutti i paesi occupati dell’Est e dell’Ovest. Nel caso dell’esempio italiano, si fa riferimento al noto destino dei lavoratori italiani nel Reich dopo l’armistizio, ma della loro vita quotidiana, che dovrebbe costituire la novità del volume, non si viene a sapere nulla. Nei due contributi migliori sopra citati, sulle donne e sul sistema scolastico, gli autori sono invece riusciti a proporre ricerche originali, geograficamente più limitate, e a rispondere a domande innovative, spesso centrate sulla questione della relazione fra storia pubblica e privata. Nel primo caso, Warring esplora i modi in cui le donne che fraternizzarono con i tedeschi nei paesi scandinavi cercarono una legittimazione all’interno di un campo emotivo libero dalla guerra. L’intreccio fra personale e politico è scandagliato anche nell’altro contributo, che analizza, nel contesto cecoslovacco e francese, il rapporto fra vita familiare e identità culturali di fronte al tentativo nazista di controllo dell’educazione. Gli ultimi due capitoli, di Wieviorka e Tebinka sulla Resistenza e di von Frijtag Drabbe Künzel sulle reazioni dei civili alle rappresaglie, affrontano il legame fra resistenza e vita quotidiana e quello fra popolazioni locali, partigiani e tedeschi; entrambi pongono domande stimolanti, ma il tentativo di comparare aree troppo vaste e diverse permette solo risposte molto parziali.

Claudia Baldoli