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Roberto Conigliaro – Accademia Omiopatica. Palermo 1844: Storia di un’esperienza straordinaria – 2003

Roberto Conigliaro
Palermo, Nuova Ipsa, pp. 113, euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2003

Conigliaro, medico e studioso di storia della medicina con una predilezione per l’omeopatia, ripercorre in poco più di cento pagine i fatti e le figure salienti del movimento omeopatico siciliano: una ricostruzione scarna, a tratti sbrigativa e talora segnata dalla partecipazione dell’autore, che ha comunque l’indubbio merito di mettere l’accento su alcune questioni di notevole interesse. L’omeopatia si sviluppò particolarmente in Sicilia per un insieme di ragioni, in primis per la folta e vivace presenza di medici giunti nell’isola ad inizio Ottocento al seguito delle armate austriache. I loro insegnamenti furono recepiti da un gruppo di coraggiosi isolani, medici e non, i quali si sforzarono nel trentennio seguente di far accettare le dottrine eterodosse di Samuel Hahnemann ad una comunità scientifica avviata al decisivo processo di istituzionalizzazione.
La battaglia degli omeopati agì da fattore di disturbo, mise in discussione l’affermazione del ceto medico regionale e l’autorità delle commissioni ufficiali, fece registrare importanti successi presso la Corte e il governo fino a strappare nel 1841 il massimo riconoscimento cui potesse aspirare. L’autorizzazione a dar vita ad un’accademia implicava la facoltà di darsi uno statuto e quindi di legittimarsi sul piano scientifico e professionale. Le conseguenze di questa conquista non furono prive di effetti sul panorama generale della medicina meridionale, che in altri contesti e per diversi motivi stentava nei primi anni Quaranta a superare orizzonti troppo angusti. La scarsa partecipazione dei ?sanitari? borbonici ai congressi degli scienziati è una prova lampante di un certo isolamento. Al contrario la frenetica attività degli omeopati siciliani, che in breve tempo edificarono un articolato quanto fragile sistema ospedaliero alternativo e che spesso si fecero portatori di audaci programmi sociali e politici, rappresentò una significativa eccezione.
L’autore insiste particolarmente, in apertura, sull’esistenza dei transfer culturali che agirono così fortemente sulla Sicilia dell’epoca e che condussero alla sua ?scandalosa’ eccentricità nel panorama nazionale. In chiusura, pone giustamente l’accento sulla fondazione dell’Accademia palermitana di cui si riportano per intero (pp. 93-109) gli statuti originari. Il posto delle accademie ? non solo delle più famose e longeve ? nella vita scientifica del XIX secolo andrebbe rivalutato e approfondito. La creazione e il pubblico riconoscimento di questi sodalizi significarono per tanti gruppi e discipline l’ammissione nel circolo ristretto della scienza alta e l’integrazione nella macchina amministrativa degli Stati.
La fortuna dell’Accademia omeopatica di Palermo fu più modesta. Precocemente privata dei più zelanti promotori, turbata da schermaglie e rivalità personali, funestata da disagi economici di ogni tipo, l’istituzione non poté svolgere la grandiosa opera di apostolato e riforma che si era prefissa. Era comunque destinata a rappresentare una delle pagine più interessanti e sorprendenti della scienza italiana di età risorgimentale.

Maria Pia Casalena