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Roberto Romano – Il Canton Ticino tra ‘800 e ‘900. La mancata industrializzazione di una regione di frontiera – 2002

Roberto Romano
Milano, CUEM, pp. 127, euro 8,26

Anno di pubblicazione: 2002

La storia dell’industria ha conosciuto nel corso degli ultimi anni un profondo rinnovamento dei campi d’indagine e dei modelli interpretativi. Il volume di Roberto Romano ? uno dei maggiori conoscitori della storia dell’industria lombarda ? ben riassume alcuni di questi nuovi apporti; in effetti, se il problema preso in esame non è certo nuovo ? il mancato sviluppo industriale è stato uno dei temi che più hanno attirato gli storici dell’economia ? l’approccio scelto rivela l’intento dell’autore di integrare i più recenti orientamenti storiografici e di proporre una lettura che, attraverso un’ottica comparativa, permetta di cogliere la specificità di uno spazio di frontiera tra la Svizzera d’oltralpe e la Lombardia.
È proprio sulla specificità politico-istituzionale dello spazio ticinese che si apre l’analisi di Romano il quale pone l’accento sulla sua doppia filiazione (quella svizzera e quella lombarda) e sulla sua autonomia, garantita dalla struttura federale elvetica. Il volume si addentra poi nel problema della struttura economica cantonale durante la prima metà dell’Ottocento evidenziandone i freni alla crescita: un’economia ?non-moderna?, aperta al commercio estero, ma nel contempo marginale rispetto allo sviluppo industriale lombardo. Ma la contraddizione più flagrante è quella tra ?l’economia sul territorio? e ?l’economia dei ticinesi?. Nonostante gli ingenti proventi della pratica migratoria, gli investimenti produttivi nel cantone sono rimasti di scarso rilievo; una scelta da collegare all’assenza di cultura imprenditoriale e che spiega il mancato sviluppo industriale del cantone. Meno convincente appare invece l’ipotesi secondo la quale lo scarso numero di manifatture sarebbe da imputare alla ristrettezza del sex tiping e alla mancanza di manodopera locale. Quella d’oltre frontiera ? ampiamente presente nelle manifatture ticinesi della seconda metà dell’Ottocento ? proveniva infatti da regioni la cui pratica migratoria, come in Ticino, era quasi esclusivamente maschile.
I contatti economici tra Ticino e Lombardia e la diversità dei rispettivi percorsi industriali sono oggetto dei successivi capitoli che analizzano il ruolo della frontiera nello sviluppo economico ticinese. Sarebbe improprio ipotizzare dei nessi causali tra i diversi ruoli assunti dalla frontiera nel corso del tempo e i percorsi economici regionali. È più probabile che i due aspetti si siano vicendevolmente influenzati. L’ipotesi trova conferma negli esempi esposti dall’autore per il quale la frontiera è rimasta una ?barriera? che ha accentuato la debolezza dell’iniziativa imprenditoriale locale, stretta tra il modello industriale svizzero, orientato verso l’alta qualità e l’esportazione, e quello lombardo, mosso dalla produzione di massa e dal mercato interno.
Il volume si chiude col capitolo delle ?rivendicazioni? economiche ticinesi nei confronti di Berna tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento, cogliendo un aspetto poco studiato dagli storici svizzeri, vale a dire l’atteggiamento di Berna rispetto agli ineguali livelli di sviluppo economico dei vari cantoni, mettendo in risalto la complessità della dialettica tra lo sviluppo economico regionale (e transfrontaliero) e le scelte di politica economica di uno Stato federale.

Luigi Lorenzetti