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Rocco D’Alfonso – Costruire lo Stato forte. Politica, diritto, economia in Alfredo Rocco – 2004

Rocco D’Alfonso
Milano, Franco Angeli, pp. 224, euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2004

Dall’inizio degli anni Ottanta, dalla rinascita dell’interesse storiografico per il movimento nazionalista e i suoi rapporti con il fascismo, la figura di Alfredo Rocco ? l’?architetto dello Stato nuovo? secondo l’efficace definizione di Emilio Gentile ? è tornata a suscitare negli storici l’attenzione che merita ai fini di un’analisi della vita politica e culturale del primo trentennio del Novecento italiano. Sinora, tuttavia, la critica storica si era perlopiù soffermata su alcuni singoli aspetti della complessa fisionomia intellettuale di Rocco: da qui l’utilità di un lavoro come quello di D’Alfonso, che si presenta invece come una compiuta biografia politica dello studioso e statista napoletano.
In realtà, la lettura di D’Alfonso non si discosta molto da quelle proposte dalla precedente storiografia. Dalla sottolineatura delle ambiguità presenti nella cultura politica del Partito Radicale d’inizio secolo, al cui interno Rocco fa le sue prime prove d’intellettuale militante; alla valorizzazione del ruolo da lui svolto nel processo di chiarificazione ideologica del nazionalismo, incardinata sul netto rifiuto del liberalismo e sul trinomio produttivismo-monopolismo-protezionismo; sino all’accento posto sulla ?modernità reazionaria? della sua visione (p. 86), che alla conflittualità sociale, sorretta dal progressivo articolarsi della società in corpi organizzati, intende rispondere con un originale progetto di inquadramento di ogni organizzazione sociale (anche quelle fasciste) nella struttura giuridico-amministrativa dello Stato: tutti questi aspetti avevano già trovato un’ampia trattazione nella letteratura storica. Nondimeno, l’analisi non manca di originalità, e non tanto o non solo perché individua ? e accuratamente documenta ? la sostanziale ?continuità? della parabola politica di Rocco, dall’intervento al congresso radicale del 1907 sino all’improvvisa estromissione dal governo nel 1932, quanto perché assume come intimamente legate, inscindibili, le sue idee giuridiche e quelle politiche ed economiche. Quello di Rocco è un ?sistema compiuto e organico, coerente e omogeneo? (p. 23), nel quale le dottrine politiche non discendono da quelle giuridiche, come se da un sapere ?tecnico? e ?neutrale? derivasse, come corollario, un pensiero politico. A guidare la riflessione del giurista è sin dalle origini un’istanza politica, la volontà di assicurare allo Stato una supremazia assoluta sulla società, una capacità di intervento su tutti i singoli aspetti della vita comunitaria in vista del raggiungimento di obiettivi nazionali superiori: l’intensificazione dell’attività produttiva e l’espansione coloniale. Per costruire e legittimare la sua teoria dello ?Stato forte?, Rocco non esita infatti a operare una ?macroscopica forzatura interpretativa? della dottrina dello Stato di diritto, ?perfettamente consapevole della valenza politico-sociale delle proprie formulazioni teoriche?. Ed è lui stesso a fornire, nella sua lunga attività di pubblicista, le chiavi di lettura della propria concezione di una ?scienza giuridica militante? (p. 204).

Catia Papa