Cerca

Rolf Wörsdörfer – Krisenherd Adria 1915-1955. Konstruktion und Artikulation des Nationalen im italienischen-jugoslawischen Grenzraum – 2004

Rolf Wörsdörfer
Paderborn-München-Wien-Zürich, Schöning, pp. 629, euro 70,00

Anno di pubblicazione: 2004

Un lavoro come questo presuppone una competenza linguistica ampia e non comune; occorre infatti controllare e la letteratura in italiano, tedesco, sloveno e croato, e le rispettive fonti archivistiche. Siamo di fronte a una monografia che intende ricostruire il farsi della percezione nazionale in una zona attraversata da clivages di diversa natura; la questione da cui, ormai una decina di anni fa, ha preso le mosse l’autore (già noto per un pregevole studio sui socialisti a Messina prima della Grande Guerra) scaturiva però dal presente: in un momento in cui collassava lo Stato jugoslavo e da noi sorgevano movimenti politici e culturali che mettevano in discussione l’unità nazionale, gli è apparso di notevole interesse lo studio di come una zona di confine abbia potuto rappresentare un elemento cardine nella costruzione della reciproca dimensione nazionale, affermatasi e definitasi in una fase storica relativamente tarda secondo una dinamica tipica della Mitteleuropa, di cui i Balcani vanno considerati in fondo parte. L’attenzione alle zone di confine come fondative della dimensione nazionale viene da una suggestione germanica: si pensi alla rilevanza dell’area baltica nel costituirsi della percezione tedesca; ma un’importanza maggiore della Konstruktion ha qui il concetto di Artikulation, che egli trae dalla logopedia, ed in cui individua le modalità, non necessariamente conflittuali, di declinazione del nazionale. L’analisi prende le mosse dagli anni della Finis Austriae e poi della Grande Guerra, in cui tanto gli italiani quanto gli slavi sviluppano una percezione di sé nazionale e si aggregano in associazioni e circoli produttori di simboli (e talvolta di eroi); verrà poi il fascismo, con la sua carica omogeneizzante, produttrice di resistenza ed esilio (e di miti di ritorno) tra gli slavi. Poi ci sarà la doppia crisi del 1941-1943; la prima è jugoslava (il crollo sotto l’impatto delle armi del’Asse), la seconda italiana, ed esse incidono nello spazio di confine, con il dilagare italiano prima, ed il triplice confronto che si accende dopo fra occupanti tedeschi, residenti italofoni e slavofoni, spaccati questi ultimi entrambi in resistenti e collaborazionisti. La fine del conflitto vede un intrecciarsi quasi inestricabile di questione sociale, questione politica e questione nazionale; negli anni immediatamente successivi la dinamica omogeneizzatrice del passato si ripropone a ruoli invertiti, in un contesto reso più complicato dal concentrarsi di tensioni internazionali. Si giunge così all’esodo degli italiani, produttore a sua volta di dolori e nostalgie.
Forse, ritiene l’autore, lo stabilirsi di relazioni nuove e non conflittuali fra l’Italia ed i suoi vicini orientali contribuirebbe al superamento della crisi in cui la nostra Repubblica si dibatte da oltre un decennio. Un cenno finale: molto si è scritto degli eventi al confine orientale. Non di rado (pur con lodevoli eccezioni!) si tratta di paccottiglia; non resta che augurarsi che questa bella ricerca trovi presto anche da noi un editore.

Brunello Mantelli