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Roma e Bonn fra Ostpolitik e CSCE 1969-1975

Francesca Zilio
Roma, Aracne, 360 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2014

La conclusione nel 1975, con la firma dell’Atto Finale, della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce), è stata seguita, anno dopo anno, da una vasta letteratura: dalle prime testimonianze dei diplomatici coinvolti nei negoziati segreti a Ginevra, alle più distaccate ricostruzioni degli storici, favorite dalla graduale apertura degli archivi nazionali. La letteratura più recente ha rilevato la connessione fra l’Ostpolitik e il processo di Helsinki, versione multilaterale della prima, e la necessità di ampliare le ricerche sui paesi minori, tra questi l’Italia, l’azione della quale è stata parzialmente studiata a causa dell’inaccessibilità delle fonti.
Con l’obiettivo di colmare una lacuna storiografica, Francesca Zilio incrocia la prospettiva italiana con quella tedesca sulla base di documenti finora poco esplorati: quelli dell’Archivio politico del Ministero degli esteri tedesco messi a confronto con i fondi italiani di Nenni e Moro e l’archivio privato dell’ambasciatore Luigi Vittorio Ferraris, capo della delegazione italiana a Ginevra, archivio messo per la prima volta a disposizione della giovane studiosa.
La ricerca tiene conto della storiografia esistente sulla politica estera italiana negli anni ’70, e dei giudizi diffusi di una politica estera inesistente, destinata alla diretta soluzione di problemi interni, espressione di un paese privo di consistenza politica, militare, sociale ed economica. L’analisi non è totalmente condivisa dall’a. che amplia l’indagine, concentrando l’attenzione sulle valutazioni e l’apporto dei diplomatici, di cui evidenzia un convinto supporto alla Ostpolitik e alla Csce, coraggioso se raffrontato ai timori e alla cautela della classe politica.
Nella parte centrale e più innovativa del volume dedicata allo sviluppo delle trattative e al ruolo della diplomazia, si segue la complessità del negoziato a Ginevra, nella fase in cui si discutono i principi, soprattutto il principio dell’inviolabilità delle frontiere, il più arduo fra i problemi politici della conferenza. Si sottolinea come l’Italia, sostenendo di non riconoscere l’inviolabilità delle frontiere come principio a sé stante, ma come corollario alla rinuncia all’uso della forza, abbia guidato la resistenza occidentale all’offensiva sovietica che mirava a dare vita a un diritto europeo più favorevole per essa rispetto a quello generale, rendere caduchi gli impegni in cui risiedeva la sostanza della Ostpolitik e precostituire motivi per contrastare l’unificazione politica europea.
Attraverso trattative intense e complesse, sessione dopo sessione, la diplomazia italiana continuò con inflessibilità a sostenere la propria scelta, mentre la posizione di Bonn fu più flessibile e ambigua essendo legata a Mosca e a Varsavia dai trattati bilaterali della Ostpolitik. La Rft risolse infine la questione direttamente con gli Stati Uniti facendo prevalere i suoi interessi nazionali.
Condotta con rigore e ricca argomentazione la ricerca modifica alcune affermazioni consolidate e induce a riflessioni sul presente.

Carla Meneguzzi Rostagni