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Rosaria Di Mattia (a cura di) – L’educazione tra conservazione ed emancipazione. Le scuole abruzzesi nei secoli XIX e XX – 2002

Rosaria Di Mattia (a cura di)
Pescara, Libreria dell’Università, pp. 223, euro 13,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il libro presenta gli esiti di una ricerca sull’istruzione e sul sistema scolastico abruzzese fra ‘800 e ‘900 e si inserisce esplicitamente in un filone di studi storico-educativi che presta un’attenzione crescente alle dinamiche territoriali regionali. In questa direzione esso fornisce preziose informazioni su come il processo di costruzione di una scuola (e quindi di una cultura) nazionale si sia realmente svolto e di come esso non sia assolutamente monolitico, pur in presenza di un modello istituzionale e amministrativo accentrato.
Va segnalato positivamente il fatto che non tutti gli autori siano professionalmente dei ricercatori ma molti di loro invece siano insegnanti. Il libro presenta tuttavia dei limiti che sono frequenti in questo tipo di lavori. I primi due saggi, quello di M.A. D’Arcangeli su La scuola secondaria in Abruzzo (1861-1991) e R. Di Mattia, Gli Istituti “Ravasco” e “Nostra Signora” in Abruzzo tra Chiesa e scuola offrono delle sintesi temporali di troppo lungo periodo, come di frequente accade nella storiografia storico-educativa e storico-pedagogica. Gli altri ? G. Millevolte, Istruzione e socialismo a L’Aquila nella stampa periodica locale (1897-1922); M. Benegiamo, Gli insediamenti delle suore Orsoline nel Chietino (1932-1936); A. Di Fino, Cultura e alfabeto nei briganti ? si concentrano invece su periodi storici sufficientemente omogenei, sia pure con tagli analitici e interpretativi tradizionali (salvo l’originale Di Fino). Il lungo e forse un po’ inutile excursus sulla storia della scuola nazionale dal 1861 al 1991, che D’Arcangeli premette al suo saggio, non si lega con la parte più interessante del lavoro (la ricostruzione statistica e quantitativa della scuola secondaria abruzzese dall’unità d’Italia al fascismo, con una particolare attenzione all’istruzione tecnica e professionale, tradizionalmente meno considerata, un’analisi svolta però con un eccesso di riserbo sulle fonti utilizzate), né riesce a motivare il carattere effettivamente non uniforme di questa stessa scuola nazionale quale emerge da un’attenta analisi locale. Un altro limite del libro, infatti, è quello di non considerare gli attori principali di questa articolazione, cioè i comuni e le province, e di parlare esclusivamente di scuola come se essa fosse realmente da sempre di pertinenza esclusiva della politica statale e oltretutto attraverso casi di studio legati prevalentemente al circuito privato e confessionale. A ciò si aggiunga che la dimensione regionale non è storicamente definita e articolata, ma la si assume per data, per come essa è oggi oppure per come l’ha definita la partizione amministrativa che lo Stato centrale si è dato dal punto di vista ad es. della rilevazione statistica (tra l’altro, variabile nel tempo) o dell’organizzazione dei suoi uffici periferici nel periodo pre-repubblicano. Fare una storia regionale dei processi educativi e della definizione dei modelli scolastici è un obiettivo meritorio, che può aprire interessanti prospettive di ricerca e di indagine, ma essa andrebbe contestualizzata sul piano spaziale, temporale e sociale, esplicitando il percorso per cui si individua una peculiarità regionale non meramente estrinseca.

Pietro Causarano