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Ruth Ben-Ghiat, Mia Fuller (a cura di) – Italian Colonialism – 2005

Ruth Ben-Ghiat, Mia Fuller (a cura di)
New York, Palgrave, pp. 266, euro 40,00

Anno di pubblicazione: 2005

?Antologia? è il termine con cui le due curatrici del volume definiscono questa raccolta di testi destinata a lettori e studiosi soprattutto anglofoni. Scritti da autori di diversa provenienza (geografica e ?generazionale?), venti brevi saggi vi ripercorrono questioni ormai note agli studiosi del colonialismo italiano e temi poco frequentati dalla storiografia che, avvalendosi dell’apporto dell’antropologia e della spatial history, batte piste d’indagine ricche e originali.
Il presunto carattere di marginalità di una delle forme di imperialismo meno note al pubblico internazionale è richiamato sin dalle prime pagine come stimolo a ricondurre l’esperienza coloniale italiana al centro della storia del Mediterraneo. Al tempo stesso, la necessità di superare la tradizionale dicotomia storia nazionale/storia coloniale viene rivendicata come strada preziosa per approfondire il carattere multiforme dell’imperialismo così come la natura sfaccettata dell’identità italiana. Gli effetti del colonialismo su vari processi di identificazione nazionale, sull’immaginario geopolitico italiano, sul concetto metropolitano di ?razza? vengono quindi proposti come importanti terreni d’indagine, mentre le modalità con cui si concluse l’esperienza coloniale italiana è indicata come una delle cause del suo perdersi nella memoria e nella coscienza civile del paese.
Chiarita nell’introduzione l’idea di fondo del libro, il testo si offre in cinque parti, ognuna dedicata a un concetto specifico: Conquista, Colonizzazione, Pratiche, Rappresentazioni, Eredità delineano una trama del colonialismo che alterna sfera simbolica ed esperienzale, dimensione immaginifica e relazionale. Ai temi politico-militari più consueti negli studi coloniali se ne sommano altri formulati attraverso la lente della fiction, del gender e della memoria. La letteratura autobiografica e di viaggio prodotta dalle donne italiane in Africa, il cinema, la produzione e il consumo di immagini coloniali, le questioni della paternità e del madamismo, i processi di oblio, le atrocità e i silenzi seguiti alla cessazione del dominio ricostruiscono a tutto tondo una vicenda cha da un lato mostra ferocia, ambiguità e contraddizioni nella pratica di governo, dall’altro rileva caratteri e termini di molteplici esperienze di subalternità. Dall’Eritrea alla Libia, passando per il Dodecanneso ma escludendo l’Albania, lo spazio e la sua conquista fanno da sfondo ai vari saggi fino a divenire centrali nel momento in cui se ne esaminano aspetti peculiari: la conoscenza, ad esempio, geografica e cartografica come via all’?addomesticamento? e alla ?governabilità? di luoghi ignoti e minacciosi (D. Atkinson); la trasformazione urbana come celebrazione e rappresentazione del potere coloniale (M. Fuller); la creazione di luoghi ibridi (la Fiera di Tripoli inaugurata nel 1927) come tensione verso l’impossibile armonizzazione tra elemento autoctono e nazionale (K. von Henneberg). Lo studio del colonialismo ne risulta arricchito e ulteriormente problematizzato, all’interno di un quadro suggestivo che il libro e i suoi autori ci consegnano sollecitando nuovi interessi e nuovi filoni di ricerca.

Simona Troilo