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Salvatore Vinciguerra – L’isola costruita. Stato, economie, trasformazioni del territorio nella Sicilia borbonica – 2002

Salvatore Vinciguerra
Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, pp. 134, euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il libro, che indaga la creazione di infrastrutture viarie nella Sicilia borbonica, può a buon titolo inserirsi fra i contributi alla ricostruzione di un’indagine più mossa di un Mezzogiorno preunitario spesso ancora interpretato come un blocco di arretratezza e immobilismo. L’autore analizza a fondo alcuni aspetti specifici delle vicende delle opere pubbliche nel cosmo siciliano, privilegiando la problematica del rapporto fra strade ed economie. La tesi di fondo, efficacemente dimostrata, è che la costruzione di strade non abbia smussato bensì rafforzato le gerarchie territoriali quali si vanno attestando in un primo Ottocento tutt’altro che statico, caratterizzato in primo luogo da due importanti dinamiche: l’incremento delle aree di agricoltura intensiva, e il boom dell’estrazione dello zolfo. Nell’ottica del libro quello siciliano si conferma perciò (in accordo con uno schema aymardiano) come uno sviluppo territorialmente squilibrato, e fortemente dipendente dalla domanda estera.
Nella prima parte, dedicata a Territori e ?Rivoluzione commerciale? tra Sette e Ottocento, Vinciguerra delinea i fattori di mutamento economico e giuridico-istituzionale sul cui sfondo prende corpo la politica dei lavori pubblici. Si mettono in rilievo i processi di crescita economico-demografica in atto da metà Settecento, in particolar modo le dinamiche di colonizzazione e miglioramento agrario che si affermano già all’interno del sistema feudale in risposta alle sollecitazioni del mercato internazionale. L’eversione della feudalità (con la conseguente dinamizzazione del mercato fondiario) e la razionalizzazione amministrativa sono importanti elementi del quadro istituzionale all’interno del quale si elabora una politica dei lavori pubblici che si gioca fra periferia e centro. O meglio centri: la tensione fra Napoli e Palermo e l’istanza dell’autogoverno isolano sono nodi importanti della vicenda delle opere pubbliche siciliane. Nel corso del periodo preunitario viene superato un modello infrastrutturale centrato su Palermo in favore di un modello policentrico, che risponde alla volontà statale di un più articolato controllo sulla periferia isolana e al tempo stesso recepisce le esigenze dei nuovi poli di sviluppo. Nella seconda parte del libro, dedicata a I quadri subregionali, si evidenzia quindi il rapporto fra percorsi zonali di crescita e rimodellamento delle gerarchie territoriali (talora anche amministrative), e costruzione di strade. Vengono analizzati il caso della Sicilia sud-orientale, caratterizzato dall’affermazione di un’agricoltura ?ricca?, e quello delle regioni zolfifere. La creazione di nuove strade in ogni caso appare non tanto la meccanica risultante di un’istanza di ottimizzazione produttiva, quanto l’esito di una contrattazione/conflittualità fra diversi soggetti, economico-sociali e istituzionali (la cui complessità, anche ideologica, meriterebbe di essere ulteriormente approfondita). Nell’insieme il libro si configura come un’utile opera di riferimento per gli ottocentisti, nella prospettiva di uno scandaglio della specificità meridionale intesa non come deviazione da un modello ma come uno fra sentieri di sviluppo tutti singolari e anomali.

Costanza D’Elia