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Sandro Bellassai – La mascolinità contemporanea – 2004

Sandro Bellassai
Roma, Carocci, pp. 127, euro 8,50

Anno di pubblicazione: 2004

In Italia è ancora molto diffusa l’idea che fare storia di genere equivalga a fare storia delle donne. L’elaborazione del concetto di genere nel seno della riflessione femminile e l’ormai consolidata tradizione di studi delle donne hanno senz’altro contribuito a questa distorsione semantica. Tuttavia, a pesare davvero è l’antica abitudine degli uomini a rappresentare se stessi quali soggetti indistinti riguardo al genere: non una delle due metà sessuate dell’umanità, ma l’umanità stessa (le donne ne sarebbero una forma particolare). È sembrato dunque che il maschile in quanto tale, nella sua specificità di genere, non avesse una storia, o al più fosse ininfluente rispetto agli avvenimenti culturali e politici. Il volume di Bellassai ? nell’agile versione delle ?Bussole? di Carocci ? restituisce ora al modello occidentale di mascolinità contemporanea la sua profondità storica, dalla codificazione sul finire dell’800 al tramonto nei recenti anni ’70, evidenziandone ?le rilevanze nelle strategie politiche, nelle costruzioni retoriche, nei fenomeni sociali e culturali? apparentemente privi di connotazioni di genere (p. 9). In verità, una certa storiografia, soprattutto anglosassone ma con qualche originale contributo italiano, si è mossa già da alcuni anni in questa direzione; e nondimeno, nel panorama italiano gli studi del genere maschile sono ancora esigui e fanno fatica a penetrare il dibattito scientifico.
Il volume è diviso in due parti: nella prima l’autore presenta il genere come categoria d’analisi, rilevando le peculiarità dello studio del genere maschile, ossia l’?invisibilità? a cui si accennava e il rapporto col potere, che pongono problemi metodologici specifici alla ricerca sulla mascolinità. Nei capitoli seguenti dà quindi conto dell’evoluzione del modello ?egemonico? di mascolinità contemporanea, i cui caratteri principali ? il virilismo esasperato, la misoginia e l’omofobia ? si rivelano quale ?reazione? (p. 52) alla crisi della mascolinità tradizionale indotta dalla modernizzazione del secondo ‘800 e dal coevo, inedito, protagonismo femminile che sembra sovvertire gli equilibri di genere, ossia di potere. Una reazione che si politicizza nel clima di montante nazionalismo d’inizio ‘900, sposandosi con la retorica bellicista prima ? la guerra come occasione di ?riscatto virile? ? e col fascismo poi, che per l’autore rappresenta una ?via moderna al virilismo? (p. 78), un tentativo di conciliare la restaurazione delle gerarchie di genere con qualche concessione alla società di massa, in particolare sul terreno della mobilitazione patriottica delle donne, purché priva di effetti emancipatori. La parabola della maschilità novecentesca ? qui schematicamente racchiusa in un ciclo che ha ai suoi estremi, all’origine e al compimento, un mutamento sociale e di genere, quindi una crisi della mascolinità e una sua reazione ? si conclude negli anni ’70, quando la qualità delle trasformazioni e l’emergere di una nuova soggettività femminile rendono impraticabile per gli uomini una risposta simile a quella dei loro predecessori: la reazione, ora, è la progressiva ? ma ancora ambivalente ? liberazione dalla norma, la diffusione di ?una più marcata pluralità identitaria? (p. 17) per entrambi i generi.

Catia Papa