Cerca

Sandro Bellassai – La morale comunista. Pubblico e privato nella rappresentazione del PCI (1947-1956), Prefazione di Aldo Agosti – 2000

Sandro Bellassai
Carocci, Roma

Anno di pubblicazione: 2000

Questo testo è doppiamente interessante: per le tematiche trattate e per le categorie scelte al fine di interpretarle. Tra le prime stanno l’identità maschile e femminile, ma anche il tema dell’educazione democratica dell’infanzia, la visione comunista della famiglia e dell’amore, e l’intreccio tra le culture comunista, cattolica e popolare. Tra le seconde spiccano soprattutto quelle annunciate dal sottotitolo, cioè il rapporto tra pubblico e privato e tra politico e personale. Uno dei risultati più rilevanti del libro mi pare proprio l’analisi dei modi in cui le questioni del “privato” furono parte integrante della “politica”; giustamente l’autore virgoletta i due termini, perché il suo inquadramento storico mostra le torsioni di senso cui furono sottoposti nella pratica e nella rappresentazione del partito comunista italiano. È esemplare a questo proposito la lettera alla madre della militante Marina Sereni nel 1937: “per me non esiste vita privata… è veramente tutta la mia vita che ho dato [al Partito]” (p. 58). Bene scelta è anche la periodizzazione, che fa centro sul periodo compreso tra due bienni particolarmente rilevanti non solo sul piano politico ma anche su quello organizzativo: non solo quindi per la rottura della coalizione antifascista, le elezioni del 18 aprile, l’inizio della guerra fredda e l’intervento sovietico in Ungheria, ma anche per eventi organizzativi come il VI e l’VIII Congresso del Pci e il XX congresso del Pcus.
È merito dell’autore cimentarsi nel gettare ponti tra quel pubblico e quel privato, spiegandone le radici nella cultura politica comunista e specificamente nel rapporto tra militante e partito, entrambi soggetti a titolo diverso. Dunque si tratta di un discorso che ha anche grande rilevanza per una concettualizzazione della storia della soggettività. Da questa prospettiva assume senso l’analisi storica di formazioni soggettive come l’emulazione, il sacrificio, l’attivismo, che altrimenti resterebbero nel descrittivo. Tuttavia è auspicabile che si possano nel futuro attuare approfondimenti che tengano conto anche di una dimensione più apertamente psicologica della struttura della personalità generata dalla tensione tra il soggetto individuale e il soggetto collettivo.
Il capitolo concernente la maschilità riprende il saggio incluso da Sandro Bellassai in un bel libro collettivo curato con Maria Malatesta (Genere e mascolinità, Roma, Bulzoni, 2000). Questo è oggi un tema di assoluta rilevanza, perché costituisce la base da cui avviare la decostruzione del corto circuito tra maschile e universale che ha dominato per secoli tutta la cultura occidentale. In questo quadro appaiono complementari le variazioni comuniste sul tema della virilità e le difficoltà di accettare fino in fondo l’emancipazione femminile, sullo sfondo di una contraddittoria visione della modernità. Con questo lavoro, la ricerca di Bellassai va al di là della storia dei partiti e dei fenomeni politici, collocandosi a pieno titolo nella nuova storia culturale.

Luisa Passerini