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Sandro Gerbi, Raffaele Liucci – Montanelli, l’anarchico borghese. La seconda vita, 1958-2001 – 2009

Sandro Gerbi, Raffaele Liucci
Torino, Einaudi, XIII-250 pp., Euro 18,50

Anno di pubblicazione: 2009

La biografia di Montanelli si arricchisce di un secondo volume (il primo, riguardante gli anni 1909-1957, era uscito sempre con Einaudi nel 2006) che ne ricostruisce l’attività tra il 1958 e il 2001. Lo descrive giornalista di punta del «Corriere», ben deciso a far valere nelle lotte interne al giornale il proprio ruolo di notabile e garante della sua identità «borghese». Lo mostra censore di potentati come l’Eni di Mattei ma a sostegno di altri potentati, quelli della grande industria privata milanese. Lo segue quale sponsor della Dc seppure a «naso turato» e, ma solo quando le necessità supreme dell’anticomunismo lo consentivano, sostenitore di svariati quanto illusori fronti laici. Caso raro, Montanelli raggiunse il culmine dell’influenza politica tra i sessantacinque e gli ottantasei anni. La sua ostilità al compromesso storico si risolse in un tentativo assai interessante di dare alla destra, col «Giornale», una voce e una faccia «pulita» – ma non per questo smise di titillare gli umori antipolitici dei suoi lettori e di emettere sentenze mistificanti sul fascismo, sul colonialismo, sull’antifascismo, sulla Resistenza. Ne conseguì l’incontro con Berlusconi. La metamorfosi di Berlusconi da imprenditore a grande leader politico (lo dimostra una gran quantità di elementi ricavabili da questo testo) sarebbe addirittura impensabile senza considerare la capacità di Montanelli di nobilitarne l’immagine di fronte all’opinione moderata, senza gli argomenti offertigli dal grande vecchio. Nondimeno, come si sa, proprio la decisione di Berlusconi di «scendere» in politica sancì la rottura tra i due.Un’unica critica: ci sarebbe voluta un’attenzione al Montanelli scrittore di storia patria, che con le sue spettacolose tirature influì più di ogni altro nell’immagine che gli italiani si sono fatti, a partire dagli anni ’60, del loro passato. Per il resto, il lavoro di Gerbi e Liucci è completo a addirittura minuzioso. I due si confermano nel loro raro pregio di pubblicisti che, valendosi di una grande quantità di materiale edito ed inedito, soddisfano i criteri filologici di una storiografia «seria», e conservano equilibrio nei toni e nei giudizi pur senza rinunciare a uno stile avvincente. Benemerenza tutt’altro che secondaria, continuano a mantenersi lontani dalla immemore mitologia che si addensa intorno a Montanelli, evitano l’operazione agiografica divenuta così facile da che il nostro eroe si rese benemerito a sinistra rompendo il sodalizio con Berlusconi. Quel giornalista dalla scrittura fulminante fu in effetti «anarchico e borghese» – come suona il sottotitolo di questo libro – perché restio alle logiche di schieramenti e alieno dal servilismo, ma anche nella peggiore accezione fascista e post-fascista del termine: per l’estrema spregiudicatezza dei mezzi e dei fini, per il rifiuto di distinguere la propaganda dalla verità, per il suo antico spirito di arci- o anti-italiano alla Malaparte e alla Longanesi.

Salvatore Lupo