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Saturno Carnoli e Paolo Cavassini – Nero Ravenna. La vera storia dell’attentato a Muty – 2002

Saturno Carnoli e Paolo Cavassini
Ravenna, Edizioni del Girasole, pp. 160, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2002

Un uso sapiente e accattivante delle immagini e della grafica, un meno sapiente uso della fonte documentaria. E’ questa in sostanza l’impressione che si ha leggendo Nero Ravenna, dove la pur ampia e inedita documentazione archivistica, presentata a corredo di una narrazione quasi da romanzo giallo, non risulta sufficientemente sfruttata e criticamente interpretata. I documenti, lo sappiamo, non parlano da soli e richiedono una decodificazione avvertita dei loro contenuti e della forma con cui sono presentati. Non sembra che tale consapevolezza sia del tutto presente negli autori, che si limitano ad accostare documenti a documenti, quasi pensando che l’evidenza delle contraddizioni e delle incongruenze reciproche sia sufficiente a lumeggiare un quadro storiografico quanto mai problematico e ancora in gran parte inesplorato. In questo modo la proposizione di documenti rischia di risultare più coloristica che chiarificatrice. Detto questo, il volume ha l’indubbio merito di porre sul tavolo della ricerca storiografica un avvenimento in gran parte ancora oggi oscuro e che sembra inserirsi nelle faide rissose e violente che ancora contraddistinguono in quegli anni ? siamo nel 1927 ? il fascismo in provincia. L’ambiente e i protagonisti sono riproposti dagli autori in chiave di un amarcord paesano di felliniana memoria. La vicenda è quella dell’attentato al console della milizia Ettore Muty, durante il quale Lorenzo Massaroli, l’attentatore o presunto tale (ma tutte le testimonianze coeve e posteriori sono concordi nell’indicarlo come lo sparatore), veniva freddato nella pubblica piazza da Renzo Morigi, a sua volta ferito, segretario politico del fascio locale nonché acerrimo nemico dello stesso Muty. L’ipotesi sottesa alla ricostruzione, che raccoglie le numerose voci corse in proposito al momento e negli anni a venire, è che ad armare la mano del Massaroli, un comunista del contado perseguitato dai fascisti locali, possa essere stato lo stesso Morigi, o la fazione fascista a lui facente capo. Una ipotesi in realtà non suffragata da nessuna reale prova, anche solo indiziaria, né allora né, a mio avviso, nella ricostruzione di Carnoli e Cavassini, che pure adombrano un sospetto in tal senso dello stesso Muty, in una esplicita richiesta (quanto reale?) da lui rivolta nel 1941, a giochi ormai conclusi, ad Arpinati, ai tempi dell’attentato potente ras del fascismo bolognese con agganci in Romagna e negli anni successivi sottosegretario agli interni, e, come tale, supposto ben informato dei fatti. Resta il fatto che, dopo l’episodio, Muty viene allontanato da Ravenna e, nella lotta delle fazioni locali, quella di Morigi prende il sopravvento e, nume tutelare il banchiere Frignani, vero deus ex machina del fascismo ravennate, riuscirà a dominare la realtà politica ed economica locale fino agli anni Quaranta, in un inquietante connubio di violenza ed affarismo, intangibile persino dagli organi statuali di controllo periferico. Peculiare vicenda, questa, che meriterebbe ulteriori e approfondite ricerche. Infine: ma la vera storia dell’attentato a Muty qual è?

Brunella Dalla Casa