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Saul Friedländer – Gli anni dello sterminio. La Germania nazista e gli europei (1939-1945) – 2009

Saul Friedländer
Milano, Garzanti, 974 pp., euro 43,00 (ed. or. New York, 2007)

Anno di pubblicazione: 2009

Si può condividere o meno l’assetto interpretativo di Friedländer, ma questo è certamente un gran libro e costituisce una ponderosa sintesi dei fatti che portarono alla Shoah in Europa. Il testo affronta l’arco temporale compreso tra l’avvento della guerra e il suo epilogo passando in rassegna tutti i paesi d’Europa che vennero colpiti dalla «distruzione degli ebrei». L’intento dell’a. è offrire al lettore un capovolgimento del paradigma narrativo, spostando l’attenzione dai meccanismi dello sterminio al vissuto delle vittime. «Spesso l’immediatezza dell’urlo di terrore […] di un testimone può scatenare una nostra reazione emotiva e scuotere la nostra precedente e ben protetta rappresentazione di eventi storici estremi» (p. 24), ci dice. La memorialistica viene costantemente intrecciata all’analisi storiografica e apre al lettore un nuovo mondo: si viene immersi nelle paure, nelle speranze e – soprattutto – nel vissuto quotidiano di queste persone. Nel farlo l’a. compie un secondo atto «rivoluzionario»: non solo mette le vittime al centro della scena, ma ci fa uscire dalla dicotomica separazione tra la fase della «persecuzioni dei diritti» e quella delle «persecuzioni delle vite», per usare un’espressione che ha avuto fortuna in Italia. Se è vero che fino al 1941 – quando in concomitanza con l’Operazione Barbarossa si diede avvio alle pratiche di sterminio generalizzate – a prevalere furono misure di segregazione e di espulsione degli ebrei dalla vita materiale quotidiana, assassini ed eccidi si erano verificati anche prima. Ugualmente, l’espulsione dai «diritti» sarebbe continuata anche mentre deportazioni e uccisioni si dispiegavano ormai su larga scala: lo sapevamo, ma la possibilità di misurarsi in un colpo solo con ambedue i processi ci fa entrare ad ampio raggio nella complessità della macchina persecutoria. In Olanda, ad esempio, «alla fine del maggio del 1941, […] i tedeschi non solo bandirono tutti gli ebrei da parchi, stabilimenti termali e alberghi ma anche da spiagge pubbliche e piscine» (p. 231). Dopo circa 15 giorni dei 400 ebrei arrestati ad Amsterdam il 22 febbraio 1941 e deportati prima a Buchenwald e poi a Mauthausen, 50 sarebbero stati assassinati immediatamente (pp. 226 e 229). Cruciale è poi nel volume il tentativo di connettere «vittime, spettatori e carnefici», per mostrare come l’interazione di questi tre agenti abbia avuto il suo impatto sulla macchina persecutoria: ad esempio, che cosa sarebbe accaduto se Pio XII avesse assunto posizioni più ferme di fronte allo sterminio? Quali furono le responsabilità dei Consigli ebraici istituiti dai tedeschi nelle diverse parti d’Europa in cui si insediarono? E della popolazione? Per l’a. la propaganda antisemita nazista rafforzò e ampliò il substrato di «antigiudaismo» tradizionale che la Chiesa aveva diffuso nel tempo. A suo avviso fu l’ideologia antisemita il vero motore dello sterminio: con questo assunto l’analisi dei meccanismi persecutori viene quindi marginalizzata; l’a. si limita ad esporre e motivare il suo punto di vista. Per avere misura dell’annoso dibattito sulla questione bisogna fare riferimento ad altri testi.

Giovanna D’Amico