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Schermi multipli e plurime visioni. La grande Madre. L’Italia

Tullia Giardina
Marsilio, 275 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il libro si propone di indagare «la creazione simbolica dell’identità nazionale italiana»
(p. 3) attraverso la produzione cinematografica e televisiva dedicata alla ricostruzione del
passato risorgimentale a partire da La presa di Roma di Filoteo Albertini (1905) – primo
film italiano – fino a Noi credevamo di Mario Martone (2010), con un’Appendice dedicata
agli sceneggiati televisivi.
Giardina – che ha collaborato alla stesura della sceneggiatura de I Viceré di Roberto
Faenza (2007) – analizza i film dedicati alla spedizione dei Mille, a Garibaldi, al brigantaggio,
alla Sicilia e più in generale al Mezzogiorno perché nelle sue parole si tratterebbe di
un angolo visuale «sensibile ai meccanismi di costruzione-decostruzione del mito e della
memoria del mito, dell’epopea e dell’immagine della Nazione, teso ad inquadrare meglio
alcuni degli snodi storiografici portati sullo schermo» (p. 12).
La ricerca vuole quindi indagare il ruolo della televisione e del cinema nella diffusione
di modelli interpretativi e miti fondativi della nazione. All’interno del quadro
cronologico, l’a. identifica due diverse narrazioni visive: una retorico-nazionalista finalizzata
alla nazionalizzazione delle masse e alla costruzione di un’identità nazionale e l’altra
revisionista, basata sulla rilettura di romanzieri siciliani e meridionali in chiave antiretorica,
antieroica e demistificatoria, che avrebbe introiettato l’immagine gramsciana della
rivoluzione passiva e si sarebbe occupata di episodi sottaciuti della storia italiana. Il film
di Pietro Germi Il brigante di Tacca del Lupo (1952) costituirebbe lo spartiacque tra le due
tendenze.
Il libro presenta le trame di circa cinquanta film e, in alcuni casi, degli approfondimenti
sulle vicende delle case di produzione, sulle vite dei registi e degli sceneggiatori,
anche grazie a fonti inedite. Prendendo come metro di analisi le «figure profonde» individuate
da Alberto Banti, l’a. ne ricerca la presenza nelle opere cinematografiche tentando
di individuarne il significato, la ricomposizione e la risemantizzazione in base alla contingenza
storico-politica. Ai tropi «Sangue, Sacrificio, Famiglia-Nazione, Madre-Patria» (p.
93) Giardina affianca l’allegoria «Campana/Campanile» di derivazione schilleriana che
costituirebbe sia «una sorta di correlativo oggettivo del concetto superiore di Madre-Patria,
sostanziatasi storicamente attorno alla monarchia sabauda, ma ad essa preesistente»
(p. 36), sia «una funzione primaria di principio generativo, sessuato» (p. 37).
Lo studio di Giardina avrebbe giovato di un dialogo più approfondito con il consolidato
filone di studi di storia culturale del Risorgimento, nonché con la storiografia più
in generale. La lettura del volume lascia aperti importanti interrogativi sulla ricezione e
sull’uso pubblico e politico della storia che avrebbero meritato ulteriori approfondimenti.
Infine si deve rilevare una certa difficoltà di lettura.

 Elena Bacchin