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Scipione Guarracino – Le età della storia. I concetti di antico, medievale, moderno e contemporaneo – 2001

Scipione Guarracino
Milano, Bruno Mondadori, pp. 299, euro 19,91

Anno di pubblicazione: 2001

Guarracino si occupa di uno degli elementi costitutivi dello ?scrivere la storia?, ovvero la periodizzazione. E lo fa nella triplice veste di storico, storico della storiografia e didatta. Il primo capitolo, La periodizzazione della storia universale, analizza categorie come storia universale e storie particolari, cronologia, continuità e discontinuità, evoluzione multilineare, per poi soffermarsi sulla tripartizione ?antico?, ?medievale?, ?moderno? che, sorta in ambito umanista, è a tutt’oggi il contenitore privilegiato, e non solo ad uso scolastico, degli eventi storici. I quattro capitoli che seguono sono quindi dedicati ai singoli concetti, intesi naturalmente non come epoche chiuse in sé, né come mere convenzioni terminologiche, bensì come ?periodi dei quali bisogna definire i termini cronologici e giustificare l’eventuale carattere di autonoma età della storia? (p. 257). A un’analisi lessicale, l’autore fa seguire (sempre attingendo ai più svariati contributi della storiografia mondiale) una sorta di modello teorico per ciascuno di essi, tale per cui l’originale carattere ?eurocentrico? della periodizzazione si apre alle diverse esigenze di una world history senza perdere valore interpretativo. Ecco quindi che la storia antica può diventare, per esempio, ?storia globale del mondo eurasiatico? basata sulle relazioni fra imperi asiatici ed Europa e non sull’antagonismo Europa-Asia e la storia medievale è caratterizzata dalla progressiva ?conquista della frontiera, specialmente quella ?esterna?, nonché da un ripensamento del concetto di età ?oscura? come periodo di guerre distruttive e di crisi religiose che con ritmi propri ha caratterizzato più aree di civiltà (cfr. pp. 196-202). Per certi versi più facilmente identificabile appare l’età moderna, che una volta messo in discussione il concetto di progresso, mantiene il suo carattere di mondializzazione progressiva avente come soggetti propulsori lo stato europeo e il sistema internazionale, modellato e ?imposto?dall’Europa. Ben più problematica è viceversa la definizione di età contemporanea, in parte per il carattere ?residuale? che la contemporaneità mantiene, in parte perché si innesta su un concetto di ?moderno? che è per definizione aperto al presente. Diverse e variamente insoddisfacenti appaiono pertanto le cesure che legittimano l’idea di storia contemporanea: rivoluzione industriale, rivoluzione francese, oppure, spostandoci sul Novecento, decolonizzazione, ideologie, capitalismo organizzato, terza rivoluzione industriale, globalizzazione. Dal carattere così fluido della contemporaneità, deriva anche un motivo di preoccupazione: l’ampio spazio riservato al ?contemporaneo? nei nuovi programmi ministeriali, se è legittimo a fronte del passato disinteresse per la storia più vicina a noi, è fuor di luogo se esprime il concetto che il passato si debba studiare in funzione del presente (il passato prossimo è più ?utile? di quello remoto). Perché ?della storia si deve dire che, oltre a essere una relazione fra il passato e il presente, è anche la conoscenza di un ?altro? e che quanto più esso è ?altro? da noi tanto più ci obbliga a escogitare domande diverse da quelle che ci potrebbe suggerire lo stretto orizzonte della contemporaneità? (p. 107).

Luisa Azzolini