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“Segnale radio”. Musica e propaganda radiofonica nell’Italia nazifascista 1943-1945

Gioacchino Lanotte
Perugia, Morlacchi Editore, 387 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume, dopo un capitolo iniziale dedicato al periodo 1940-1943, concentra la sua analisi sull’organizzazione e sulla programmazione della radiofonia italiana dall’autunno del 1943 alla Liberazione, in quella parte del Paese occupata dai nazisti e posta sotto la traballante sovranità della Repubblica Sociale. L’a., completando il percorso iniziato con un precedente libro sulla radiofonia nella parte d’Italia già liberata, segue così le tracce della ristrutturazione delle stazioni Eiar di Roma, Firenze e Milano, dalla gestione diretta da parte dei comandi germanici – nella primissima fase postarmistizio – all’affidamento alle autorità di Salò, con lo spostamento al Nord della sede dell’ente radiofonico di Stato.
Nella dettagliata analisi della programmazione, viene narrato il tentativo di costruire una offerta «generalista», in grado di mescolare propaganda a spettacoli di svago che si vorrebbero nuovi e originali anche sul piano musicale, «adatti» al debole progetto politico e culturale della Rsi. L’esperimento è fatalmente destinato a fallire: «Nel corso della guerra civile ’43-’45, la cultura e l’ideologia stessa della Repubblica sociale […] contribuiscono a creare un “clima” che non favorisce né la creatività né la visione a lungo raggio necessari a una buona programmazione radiofonica» (p. 368). D’altronde, in quel periodo «vengono meno le sinergie tra radio, industria discografica, produzione cinematografica ed editoria che negli anni Trenta avevano contribuito a dare slancio non solo alla radio ma anche a tutta l’industria culturale» (p. 370).
Molto più interessanti sono le novità introdotte dalle radio della cosiddetta «rete parallela» a quella ufficiale di Salò, tanto dal punto di vista del linguaggio comunicativo e propagandistico quanto da quello dell’offerta musicale. In tal senso, sono estremamente significativi gli esempi di Radio Tevere e di Radio Fante – che arrivano a recuperare e trasmettere anche la musica jazz, ufficialmente messa al bando, e a mettere in scena sketch con gallerie di personaggi per certi versi simili a quelli di future trasmissioni come «Alto gradimento» – ma anche il caso di una radio fintamente partigiana (in realtà collaborazionista) come Radio Baita, e quello di una rete autenticamente clandestina e antifascista come Radio Libertà, entrambi operanti nel Biellese.
La ricerca utilizza una documentazione ampia e variegata, attingendo alle carte dell’Archivio centrale dello Stato, dell’Archivio Rai e di numerosi archivi locali, nonché alle coeve fonti a stampa; si avvale inoltre delle testimonianze orali di alcuni fra i principali protagonisti dell’epoca, e poggia su una ampia e completa bibliografia. In tal modo il libro va ad aggiungere un tassello efficace alla storia di un mezzo sul quale il fascismo aveva puntato molto nel corso del ventennio, e che nel momento dello scontro più cupo della guerra civile si trovò sulla prima linea del cosiddetto «quarto fronte».

Bruno Ziglioli