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Senza lavoro. La disoccupazione in Italia dall’Unità a oggi

Manfredi Alberti
Roma-Bari, Laterza, 226 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2016

Questo bel volume prosegue la ricerca che l’a. ha iniziato col libro sulla «scoperta dei
disoccupati» nell’Italia liberale dell’esperimento riformatore giolittiano e sulla fondazione,
anche in Italia, di strumenti statistici moderni.
L’a. offre una sintesi intelligente di un duplice ordine di problemi. La costante della
sottoccupazione in Italia, a lungo sfociata in emigrazione con l’eccezione del breve periodo
di espansione degli anni ’60, che videro invece una migrazione interna. Le difficoltà
dello Stato sociale ad affrontare tale problema sia con una politica attiva dell’occupazione
sia con l’erogazione di reddito, nonostante il convegno del 1906 presso l’Umanitaria fosse
stato pionieristico. Attraverso la questione della disoccupazione in età liberale, il libro
ripercorre la difficile strada dell’Italia verso l’industrializzazione, l’affidamento (o l’abbandono)
dei ceti popolari alla carità privata o al mutualismo notabilare, la privatizzazione
accelerata delle terre al Sud e la formazione di un’eccedenza di popolazione che il decollo
di inizio ’900 non riuscì a risolvere.
L’a. descrive con precisione la positiva rottura del biennio postbellico, quando la
necessità prima di aumentare e razionalizzare l’uso della forza lavoro per la mobilitazione
industriale, poi quella di risarcire i ceti popolari del contributo alla guerra e di rispondere
a una vivace conflittualità imposero ai governi di progettare un welfare universalistico e un
riconoscimento reciproco dei soggetti produttivi, che resteranno però in gran parte allo
stadio di progetto. I termini della commissione Rava e i contenuti di tali tentativi «alla
Rathenau» sono ricostruiti col giusto rilievo.
Il saggio tratta poi le politiche sociali del fascismo rilevando lo scarto fra propaganda
e realtà dell’evoluzione dell’occupazione, soprattutto in agricoltura. «Sbracciantizzazione
», ruralismo, sostegno al mondo contadino tradizionale nella propaganda, nella realtà
lento e progressivo aumento dell’occupazione industriale e rapporti tradizionali in agricoltura
come serbatoio di sottoccupazione, innanzitutto femminile.
Ampio spazio è dato alla ricostruzione delle vicende repubblicane in cui, nonostante
le possibilità aperte dalle proposte della commissione d’Aragona, il Piano del Lavoro fu
respinto nel clima di sempre più accentuata contrapposizione politica, chiudendo per
decenni l’Italia a una politica attiva del lavoro e a un welfare universalistico sul modello
inglese, secondo lo «spirito del ’45». L’a. accenna poi a problemi molto attuali. Il moltiplicarsi
di forme contrattuali precarie rende più difficile trovare un accordo sui criteri
statistici a proposito dell’occupazione. D’altra parte un sistema di welfare costruito essenzialmente
come sostegno alla disoccupazione temporanea dei lavoratori coinvolti in
crisi industriali non dispone finora di strumenti di sostegno alla continuità del reddito
e, soprattutto, ai giovani alle soglie del mercato del lavoro. Agli interventi di carattere
straordinario e assistenziale degli anni ’50 non sono seguite, insomma, politiche di piena
occupazione né di welfare universalistico.

Maria Grazia Meriggi