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Silvia Giletti Benso, Laura Silvestri (a cura di) – Ciudad de Juárez. La violenza sulle donne in America Latina, l’impunità, la resistenza delle Madri – 2010

Silvia Giletti Benso, Laura Silvestri (a cura di)
Milano, FrancoAngeli, 192 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il libro su Ciudad Juárez ha il merito di informare, utilizzando una prospettiva storica, il pubblico italiano sulle drammatiche vicende che coinvolgono la linea di frontiera messicana con gli Stati Uniti, dove centinaia di donne vengono sequestrate, torturate e uccise dal 1993. I femminicidi nelle aree di frontiera messicane sono cosa nota, ma meno noto è come questi crimini efferati si svolgono, chi sono i mandanti, quali le cause. I diversi contributi che nella prima parte di questo testo vengono raccolti ci aiutano soprattutto a rispondere ai primi due interrogativi, ci aiutano cioè a seguire il fil rouge che lega la corrente di omicidi a un articolato sistema di potere che sembra reggere la zona di frontiera nel suo insieme. Le cause strutturali, invece, vengono indagate poco e vanno ricercate, riteniamo, soprattutto nelle dinamiche economiche messe in atto dal Nafta (l’accordo di libero scambio che dal gennaio 1994 lega tutta l’area dell’America del Nord e di cui fanno parte Messico, Usa e Canada) che, nella costruzione di quella politica economica, avrebbe dovuto convertire il Messico nella «periferia industriale» degli States, garantendo un sistema che avrebbe arricchito il paese, svuotandone però intere aree per polarizzare le industrie nell’area di frontiera. Gli omicidi di Ciudad Juárez sono quindi frutto dell’evoluzione di questa dinamica globalizzante. Si tratta, dal punto di vista di chi scrive, di conseguenze atroci dello stato di anomia durkheimiana nel quale è sprofondata quella parte della società messicana che, nel passaggio dalle zone rurali al lavoro nell’industria «a regime fiscale speciale» nota come maquiladora, ha sperimentato una fase di transizione accelerata, perdendo ogni valore di riferimento. A ciò si aggiungono i sedimenti dell’impunità. Con il consolidamento del narcotraffico e del sistema di potere ad esso colluso, che spesso include i mezzi di comunicazione e la polizia locale, solo un ristretto numero di femminicidi ha trovato riparo nella giustizia messicana. La seconda parte di questo testo è invece dedicata ad ampliare la panoramica sulla violazione dei diritti umani e sulla violenza di genere in America latina, per trovare un filo conduttore tra altre esperienze storiche e il caso, appunto, della frontiera messicana. Ma lo spaccato forse più interessante che offre il volume è, nel pur scarso apparato testimoniale, un’intervista alla madre di una donna scomparsa a Ciudad Juárez, Manuelita Simental. La narrazione offre un eccellente contributo alla comprensione dei mutamenti della desaparición e della dimensione umana di queste madri, protagoniste di una singolare resistenza di genere, accelerata dai processi sperimentati negli ultimi decenni: qui emerge infatti un sistema di valori che, pur sempre più improntato alla pura sopravvivenza, trova nel rapporto tra queste donne solteras e i propri figli, una forma unica di ricchezza. Il testo, dunque, attraverso i suoi contributi, coglie l’essenza stessa dei femminicidi, traccia la loro evoluzione storica e ne regala la propria sconcertante verità.

Veronica Ronchi