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Silvia Santagata – Gli opinionmaker liberali inglesi, il fascismo e la Società della Nazioni – 2007

Silvia Santagata
a cura di Gian Mario Bravo, Milano, FrancoAngeli, 384 pp., Euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il volume ricostruisce i giudizi sul fascismo espressi in alcune delle principali riviste inglesi fra le due guerre, come «The Economist», il «New Statemen», «The Economic Journal», il «Manchester Guardian» e il quotidiano «Times». Alle già note oscillazioni ed ambiguità di giudizio, quando non aperte simpatie negli anni ’20, l’a. affianca un’originale ricostruzione del network di relazioni fra gli ambienti giornalistici messo in movimento da Luigi Sturzo durante il suo lungo esilio londinese. Rispettato, ascoltato, ma alla fine incapace di influenzare in maniera incisiva l’opinione prevalente dei maggiori commentatori.Si conferma dagli articoli citati l’ambiguità che la politica estera del fascismo, per i suoi aspetti di moderazione e collaborazione con l’Inghilterra, soprattutto durante il periodo in cui Dino Grandi fu ministro degli Esteri, generò nella percezione del regime, considerato illiberale all’interno, ma in qualche misura necessario rimedio ai mali d’Italia. Anche più abbagliante l’equivoco del corporativismo, considerato benevolmente e talora con entusiasmo, nonostante le riviste inglesi ospitassero regolari interventi di oppositori e critici italiani. La svolta nell’opinione pubblica è determinata dalla guerra d’Etiopia. Santagata documenta come la Gran Bretagna degli anni ’30, preoccupata dalla crisi economica e dai primi inquietanti segnali di sgretolamento del castello della sicurezza collettiva provenienti dall’Estremo Oriente e dalla Germania, si fosse fortemente aggrappata all’idea della Società delle Nazioni come strumento per mantenere la pace internazionale. La guerra d’Abissinia ferì l’opinione pubblica in quanto sembrò un tradimento della Società delle Nazioni e un’irrisione dello spirito pacifista dominante in Gran Bretagna.L’impatto negativo per l’immagine del nostro paese portato dalla guerra d’Etiopia fu enorme, tanto da chiedersi se proprio quell’episodio, considerato dai commentatori inglesi l’inizio della fine della Società, non sia all’origine di quell’onda lunga di un forte sentimento anti italiano dominante in Gran Bretagna nella classe politica, che avrà modo di manifestarsi a conclusione della guerra mondiale, in sede di trattative di pace.Per quanto appesantito da ripetizioni e numerose inesattezze, derivate dalla prematura morte dell’a., che non ha potuto portare a termine il proprio lavoro, pubblicato postumo, il libro risulta di sicuro interesse, ma purtroppo presenta un grave difetto. Un curatore poco attento, nell’utilizzare un programma di correzione automatica, ha uniformato i termini League of Nations e League of Nations Union, tradotti sempre con il nome di Società delle Nazioni. Questo rende il testo incomprensibile in molte sue parti per l’inestricabile confusione fra l’organizzazione ginevrina e la potente associazione di supporto alla sua azione presente in Gran Bretagna. Dispiace veramente che l’omaggio a una valente ricercatrice sia incappato in questo infortunio, finendo per non rendere piena giustizia del valore della studiosa scomparsa.

Alessandro Polsi