Cerca

Simon Martin – Football and Fascism. The national game under Mussolini – 2004

Simon Martin
Oxford, Berg Publishers, pp. 282, euro 16,89

Anno di pubblicazione: 2004

Con questo lavoro Simon Martin si propone di connettere uno studio dell’Italia fascista ad un’indagine che delinei i tratti caratteristici di uno sport popolare come il calcio. Il testo, tuttavia, pur presentandosi come ?primarily a cultural study of life under the regime through the prism of football? (p. 4), non riesce a soddisfare del tutto le aspettative del lettore in tal senso.
L’autore, infatti, essendo un totale outsider per provenienza e formazione, se da un lato trae vantaggio da questa sua privilegiata posizione, soprattutto nel cogliere certe sfumature, dall’altro sconta talvolta la mancanza di un sostrato culturale che riesca a fargli avere una coerente visione d’insieme del problema. Inoltre, se è davvero apprezzabile lo straordinario sforzo nell’accumulare fonti, fornendo tra l’altro un preziosissimo strumento per tutti coloro i quali volessero in futuro affrontare studi su tematiche affini, va però rilevata una certa forzatura nella lettura di questi stessi documenti, che porta in più di un’occasione ad un’interpretazione a tesi che a volte distorce la lettera delle fonti stesse. Ad esempio, quando nel capitolo 7 si parla dell’organizzazione del mondiale del ’34, si vuol trovare a tutti costi un’ingerenza del governo al fine di strumentalizzare politicamente l’evento, supportando questa tesi con una ricca documentazione d’archivio che tuttavia, ad una lettura più approfondita, lascia intendere ben altro (pp. 185-189).
Dopo i primi capitoli in cui si presenta la situazione dello sport italiano nei primi decenni del Novecento, la parte più interessante dell’intero lavoro è sicuramente rappresentata dai capitoli 5 e 6, focalizzati su due tratti distintivi del football nostrano: il campanilismo e la conseguente identificazione comunitaria attraverso il calcio. In questi capitoli Martin si preoccupa di analizzare due realtà di provincia, Bologna e Firenze, che attraverso il calcio riuscirono in quegli anni a costruirsi una forte identità all’interno di un contesto nazionale da cui per certi versi si sentivano escluse.
L’ultima parte del testo, invece, oscilla tra una serie di ovvietà ed alcune acute osservazioni, come quando si afferma che ?while calcio was the perfect allegory for the merits of the idealized fascist society, it failed to resolve many of the contradictions that existed within the constructed Italian Fascist identity. If its merit as a team game was consistently promoted, the superstars and talented individuals that emerged could not be ignored, thereby undermining the organic ethic of Team Italy? (p. 206). Si individua qui infatti la più grossa contraddizione che ha caratterizzato lo sport in camicia nera: l’eterna dialettica tra lo sport di massa delle Opere nazionali e il ruolo di inequivocabile importanza giocato dal cosiddetto ?campionismo?, cioè lo sport-spettacolo professionistico, eticamente esecrabile, almeno dal punto di vista del fascismo più puro ed ortodosso, ma utilissimo ai fini di propaganda interna ed internazionale.
In conclusione, pur con i limiti che abbiamo avuto modo di individuare, si tratta di un testo sicuramente godibile, che ha il merito di illustrare una problematica sottovalutata eppure illuminante, per certi versi, della società italiana durante il fascismo.

Fabio Chisari