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Simona Lunadei, Lucia Motti, Maria Luisa Righi (a cura di) – È brava ma… donne nella Cgil 1944-1962, Prefazione di C. Valentini – 1999

Simona Lunadei, Lucia Motti, Maria Luisa Righi (a cura di)
Ediesse, Roma

Anno di pubblicazione: 1999

Questo lavoro, riempiendo il vuoto lamentato da Motti nell’Introduzione, offre una ricostruzione della presenza femminile nel sindacato italiano, dal 1944 fino ai primi anni ’60, quando, ottenuto il riconoscimento della parità sindacale, le donne della Cgil propongono al sindacato un nuovo obiettivo di lotta, il “riconoscimento del lavoro femminile”, cioè del ruolo e del peso delle donne nei contratti e nella legislazione sociale.
Il volume è diviso in due parti. Nei saggi che compongono la prima, Donne nella CGIL: l’esperienza nazionale, le esperienze territoriali, le autrici s’interrogano sui caratteri e sul senso della presenza delle donne nel sindacato unitario, prima, e nella sola Cgil, dopo la rottura dell’unità. Righi, in L’azione delle donne nella CGIL 1944-1962, evidenzia una prima contraddizione: lo scarto tra presenza e rappresentanza femminile nell’organizzazione sindacale. I saggi successivi prendono in esame i percorsi e le esperienze di dirigenti sindacali, nelle federazioni nazionali – Righi e Lunadei -, e in tre realtà territoriali: Torino – Graziella Bonansea -, Bologna e Modena – Flavia Pesce – e Napoli – Lunadei -. Il nodo problematico centrale è individuato nel linguaggio e nelle pratiche culturali maschili con le quali le donne impegnate nei partiti e nei sindacati si trovano a fare i conti; linguaggi e pratiche alla cui elaborazione esse non hanno partecipato, che creano loro disagio e difficoltà nell’esprimersi in sede pubblica, e complicano la comunicazione con le altre donne. Molte sindacaliste della prima “generazione” hanno alle spalle la lotta contro il fascismo, durante la quale hanno sperimentato nuovi modelli femminili e di relazione tra i generi; ma la loro esperienza trova difficoltà a proporsi nell’Italia del dopoguerra, e complica i rapporti fra queste dirigenti e altre, per le quali pure rappresentano un modello forte. L’aver dovuto prendere una concezione a prestito da altri non ha impedito a queste donne l’azione: la prassi politica, le relazioni con gli/le altri/e nell’operare, vengono da loro considerate un percorso, attraverso il quale il linguaggio politico femminile ha potuto costruirsi. Le testimoni riaffermano la passione per il loro lavoro ed esprimono una soggettività piena di desideri e d’ambizioni. Perciò le autrici possono dire che l’inadeguatezza del linguaggio politico ad esprimere la realtà vissuta dalle donne attiene al rapporto tra esperienze e pensiero femminile, ed è quindi da collocare nella sfera della teoria politica, piuttosto che da leggere solo all’interno della dicotomia privato/pubblico. Nella seconda parte del volume sono prese in esame le singole storie di vita, riportando gli aspetti caratterizzanti e i tratti salienti delle testimonianze di dirigenti nazionali, torinesi, emiliane e napoletane.
Il volume offre materiali ed interpretazioni sulle quali si potrà ancora molto lavorare, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra soggettività e contributo femminile all’elaborazione della politica sindacale.

Laura Savelli