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Simone Neri Serneri (a cura di) – Memorie di una generazione. Piero Boni dalle Brigate Matteotti alla Cgil (1943-1977) – 2001

Simone Neri Serneri (a cura di)
Manduria (Ta), Lacaita, pp. 300, euro 15,34

Anno di pubblicazione: 2001

Il testo si compone di una lunga intervista e di una scelta di scritti sindacali che attestano l’esperienza del dirigente socialista della Cgil dal 1948 al 1977. Le precede un’Introduzione dello stesso Neri Serneri, che ricostruisce sinteticamente e definisce con rigore il profilo della peculiare forma di ?rivendicazionismo riformista? ? che si potrebbe anche chiamare ?riformismo conflittuale? ? che ha caratterizzato la Cgil del secondo dopoguerra e, nei momenti di maggiore impegno unitario, soprattutto nelle categorie, il sindacalismo italiano nel suo complesso. L’intervista utilizza la nozione di generazione che ha accomunato dirigenti sindacali socialisti e comunisti degli anni della Liberazione. Se si esclude l’esperienza dei militanti operai più giovani, il sindacato, in quegli anni, poteva essere ricostruito solo a partire da una nuova generazione che si era formata nella lotta antifascista e che non possedeva, al contrario del gruppo dirigente della Cgil e del Sindacalismo Rivoluzionario prefascista, la conoscenza del lavoro, dell’organizzazione del lavoro, delle tecniche rivendicative che accomunava uomini come Rinaldo Rigola, Bruno Buozzi o Edmondo Rossoni. Questo gruppo dirigente portò nel sindacato, insieme a una forte carica politica, la consapevolezza dell’azione sindacale come un terreno specifico e molto importante di affermazione della democrazia, da salvaguardare e da sviluppare, in particolare dopo la rapida dissoluzione del quadro politico dell’immediato dopoguerra. Quella generazione rimase estremamente consapevole del rilievo politico dell’azione sindacale, ma, proprio per questo, seppe interloquire con i partiti di riferimento con notevole libertà di giudizio ed autonomia: capacità di cui le posizioni assunte da Giuseppe Di Vittorio sulla rivolta d’Ungheria costituiscono solo l’esempio più clamorosamente noto e drammatico. La generazione di Boni si era posta il compito di far entrare la democrazia non solo nella politica economica ma nella fabbrica, la cui ?extraterritorialità? rispetto alle riconquistate libertà aveva impressionato il giovane Foa. Nella testimonianza di Boni emerge anche la capacità di aprirsi alla centralità dei luoghi fisici del lavoro e dei conflitti che vi nascevano, nata proprio da quell’esigenza di democrazia. Anche il contributo di Boni alla ricostruzione del ruolo della corrente socialista nella Cgil, a partire dall’assassinio di Buozzi, va nel senso di illustrare quali aspetti di quella cultura siano stati maggiormente in grado di fare da tramite a un’esigenza di democrazia e politicità non sovrapposte ma incardinate nella pratica sindacale quotidiana; invece che a una proposta di scambio fra ?politica dei redditi? o ?concertazione? da una parte e partecipazione alle decisioni politiche dall’altra. In questo senso il volume contribuisce a tracciare un bilancio degli anni ottanta.

Maria Grazia Meriggi