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Simonetta Tombaccini – La vie de la noblesse niçoise 1814-1860 – 2010

Simonetta Tombaccini
Nice-Turin, Acadèmia nissarda-Centro studi piemontesi, 516 pp., € 40,00

Anno di pubblicazione: 2010

Le vicende narrate in questo studio sono racchiuse entro due date simbolo: febbraio 1822, quando la nobiltà nizzarda accorre in massa nella cattedrale per rendere omaggio al nuovo re Carlo Felice; primavera del 1860, quando si decide definitivamente la cessione alla Francia di Nizza e Savoia. In questa occasione, i nizzardi scelgono in grande maggioranza la fedeltà alla casa Savoia, anche se questo comporta il trasferimento in Italia. Non si tratta solo di nobili, ma anche di appartenenti ad altre classi sociali, tra cui molti lavoratori e borghesi (per esempio, il fratello di Garibaldi), i quali danno luogo a quella che viene definita una vera e propria «fuite des cerveaux» (p. 418), che priva la città di intelligenze e capacità. Chi rimane, osserva l’a., oltre che per convenienza e necessità lo fa per diffidenza nei confronti della politica laica dello Stato sabaudo, e per adesione a quella filo papalina dell’imperatore francese.È al gruppo nobiliare folto e composito, vale a dire formato da famiglie di diversa origine e antichità come tutti i patriziati cittadini, che si indirizza lo studio di Tombaccini, funzionaria alle Archives départementales des Alpes-Maritimes, nel tentativo spesso riuscito di tracciarne un ritratto di gruppo che tenga conto sia della vita pubblica che di quella familiare e privata. All’interno dell’arco temporale tracciato, è dunque analizzata in primo luogo la serie degli spazi pubblici riservati al genere maschile: i luoghi di educazione, le carriere (l’esercito, il diritto), in alcuni casi l’attingimento di elevate posizioni al servizio dello Stato. Grande passione ottocentesca, la politica non poteva non coinvolgere i maggiorenti della città di Garibaldi. La minuziosa analisi di Tombaccini ci consente dunque di spaziare dalla carriera di grand commis d’état di Antonio Tonduti de L’Escarène, ministro degli Interni di Carlo Alberto (del quale, grazie a un inventario del 1844, si esamina la biblioteca, pp. 147-154) all’impegno risorgimentale di Ignazio Ribotti, nobile e patriota. Nell’interno delle case e della vita privata ci conducono invece le numerosissime storie di donne, protagoniste di vicende di cui si sottolinea la varietà dei percorsi individuali pur nel solco tracciato dalla loro condizione.Antidoto, per uomini e donne, di un individualismo utilitario che si lega alla stessa diversità degli attributi nobiliari originari, oltre che alla talvolta sensibile differenza di fortune, è l’uniforme legame con la città, che si innesta sulla scelta italiana, operata sia nel riconoscimento di una «patrie idéale» che per fedeltà alla dinastia sabauda. Conclude l’a.: «si le pénible dilemme [tra Francia e Italia] avait pu être évité, chacun d’eux aurait opté pour la petite patrie» (p. 426). Ma nonostante la peculiarità del caso, il dilemma tra piccola e grande patria era all’ordine del giorno non solo a Nizza, e questo studio accattivante e ben scritto si sarebbe forse giovato, per questo come per altri temi riguardanti la storia dei gruppi nobiliari europei, di una maggiore contestualizzazione storiografica.

Paola Magnarelli