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Sindacato e territorio. Storia della Cgil Lombardia (1960-1984)

Mattia Granata, Jorge Torre Santos
Roma, Ediesse, 274 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2014

Negli anni considerati la Cgil lombarda è la più grande organizzazione sindacale italiana. È perciò evidente che si tratta di un osservatorio privilegiato dal quale ricostruire i tentativi del sindacato di adeguare le proprie strutture al vorticoso mutamento del mondo del lavoro e del sistema produttivo tra gli anni del miracolo economico e quelli della crisi postfordista.
I due autori sottolineano la scarsa attenzione che la dimensione organizzativa del sindacato ha ricevuto dalla storiografia. Anche quando, come negli ultimi anni, si è avuta una ripresa di studi di storia del lavoro e di storia sindacale questo versante è risultato davvero poco praticato. In realtà, quella che potrebbe apparire materia arida, si rivela uno snodo determinante per comprendere i successi e gli insuccessi del sindacato nel rispondere al cambiamento della domanda di rappresentanza, nel trovare nuovi punti di equilibrio tra la forza delle categorie – si pensi al protagonismo dei metalmeccanici negli anni ’70 – e le necessità di rappresentanza territoriale, peculiarità fin dalla nascita del sindacalismo italiano con le Camere del lavoro. La struttura regionale cerca di andare in questa direzione e di intercettare anche un nuovo interlocutore istituzionale, l’Ente Regione, particolarmente rilevante negli anni della crisi industriale.
Il volume è costituito da due parti. La prima, redatta da Jorge Torre Santos, descrive, con il ricorso a un’ampia documentazione archivistica, la faticosa gestazione delle prime strutture regionali fino alla fine degli anni ’70, quando la Cgil nazionale accelera in questa direzione. Sono gli anni in cui il sindacato italiano intensifica i suoi rapporti con le istituzioni dello Stato, con il governo centrale e quindi anche con le regioni. Nella seconda parte, Mattia Granata si concentra sul passaggio decisivo degli anni ’80 fino alla rottura dell’unità sindacale in seguito al decreto di San Valentino sulla scala mobile. Qui il protagonismo della struttura regionale si fa rilevante: la Cgil lombarda è nel cuore delle grandi trasformazioni di quegli anni e pone con forza, a volte anche in contrasto con il centro nazionale, le questioni della democrazia interna, della crisi della rappresentanza e dell’unità sindacale. Si tratta di una parabola per certi versi drammatica che l’a. ricostruisce con efficacia: più volte il sindacato lombardo sembra in grado di cogliere le ragioni della propria crisi – sempre più simboleggiata dalla polarizzazione tra mobilitazioni spontanee della base operaia e fenomeni di distacco e di abbandono – ma senza produrre poi un’effettiva innovazione delle proprie politiche. Ancora una volta la dimensione organizzativa, il travaglio per cercare di ottenere un’adeguata rappresentanza territoriale in grado di andare oltre le singole Camere del lavoro, appare come una più generale difficoltà di un sindacato che, colpito dalle emergenze della crisi economica, del terrorismo e dalla fine della società fordista, deve trovare, in quel turbine che sono gli anni ’80, un’altra strada.

Lorenzo Bertucelli