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Sindona. Biografia degli anni Settanta

Marco Magnani
Torino, Einaudi, 158 pp., € 21,00

Anno di pubblicazione: 2016

Nel 1974 l’apparizione di Razza padrona, il noto libro-inchiesta di Turani e Scalfari,
chiarì molti degli intrecci tra potere economico e potere politico nelle imprese pubbliche
dell’epoca. Esattamente nell’anno in cui usciva quel libro, fallivano in Italia e Stati Uniti
le banche di Michele Sindona (1920-1986), banchiere e uomo d’affari di origini siciliane
che operò con grande spregiudicatezza per oltre vent’anni. Il suo nome è legato all’assassinio,
per mano di un sicario della mafia americana, di Giorgio Ambrosoli, il commissario
liquidatore dell’impero bancario italiano di Sindona imperniato sulla Banca Privata. Non
minore eco ebbero le oscure vicende che portarono alla sua morte per suicidio, avvenuta
nel carcere di Voghera.
L’a., economista e vicecapo del Dipartimento economia e statistica della Banca d’Italia,
ha ricostruito con la perizia critica dello storico le vicende essenziali della vita di uno
dei personaggi più discussi del mondo finanziario italiano tra anni ’60 e anni ’80. Il
lavoro, come si evince dal sottotitolo, offre una ricostruzione dell’ambiente entro cui fu
possibile per un personaggio sorto dal nulla, senza speciali protezioni nell’avvio della sua
attività, divenire uno dei finanzieri più dinamici e anche più spregiudicati del tempo.
L’a. utilizza una vasta serie di fonti archivistiche e documentarie, maneggiandole con
cura e senza cedere alla tentazione di scorciatoie di tipo giornalistico. Il lavoro è difatti rigoroso
e non sfugge i punti più delicati di una vicenda che coinvolse la Banca d’Italia e l’allora
governatore Guido Carli, unitamente a personalità di spicco del mondo finanziario (a cominciare
da Enrico Cuccia, alfiere della cosiddetta finanza laica), di quello politico (su tutti,
da una parte, Giulio Andreotti, schieratosi a difesa del finanziere, dall’altra Ugo La Malfa,
suo acerrimo avversario), ma anche il Vaticano e la loggia massonica P2 di Licio Gelli.
L’opera, più che una biografia del personaggio in questione – per la quale mancherebbero
parecchi elementi – è un’impietosa radiografia del sistema finanziario italiano
e della colpevole assenza di regole più stringenti. L’a. sottolinea come una più rigorosa
applicazione di quelle esistenti avrebbe impedito la (altrimenti resistibile) facile ascesa di
Sindona. I processi per bancarotta fraudolenta e per l’assassinio di Ambrosoli, unitamente
alla Commissione parlamentare d’inchiesta, ne misero in luce (quasi) tutti i complessi
ingranaggi del successo e della vertiginosa caduta. Studiare quelle vicende con l’occhio
critico odierno, attento alle regole del gioco, specie nel mondo della finanza, ma anche a
un’attitudine più proattiva delle istituzioni di controllo del sistema finanziario, è uno dei
pregi maggiori del lavoro, altresì meritorio per la capacità critica verso la stessa istituzione
di appartenenza dell’a.
Perché il progetto di Sindona fallisse, precisa l’a., «fu essenziale il contributo di poche,
pochissime, persone, animate da un patrimonio di valori civili e morali oggi corroso
in forme meno eclatanti, ma più pervasive, a lungo andare più insidiose» (p. 145). Anche
lavori come questo possono invertire quella deriva.

 Luciano Segreto