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Sotto il segno del leone. Genesi dell’autonomia valdostana tra forze locali e poteri centrali 1945-1949

Andrea Désandré
Quart, Musumeci, 382 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2015

Gli anni che seguono immediatamente la fine delle ostilità (in realtà, anche il bien- nio che la precede) costituiscono un periodo cerniera per la storia della Valle d’Aosta, nel quale si modellano – per solidificarsi presto e per sempre – gli assetti istituzionali e ideolo- gici della piccola, ma problematica, regione agli estremi confini nord-occidentali dell’Ita- lia. Già il fermento resistenziale, iniziato in minore e poi sensibilmente cresciuto per la presenza del fronte tiepido delle Alpi, è segnato dall’emergere di quelle forti alternative che la Liberazione non creerà, ma farà solo «scoppiare», coinvolgendo la popolazione: in primis, l’opzione nazionale (la Valle d’Aosta sarà italiana o francese?); poi quella istituzio- nale (monarchia o repubblica?); quella amministrativa (regionalismo, federalismo); infine quella, diciamo così, generazionale: chi governerà la regione, la vecchia élite più o meno compromessa con il fascismo, o le figure nuove selezionate dalla Resistenza?
L’a. affronta il grumo di questioni note e ignorate, tormentose e irrisolte, spesso coperte con letture ireniche o apologetiche, come avviene spesso quando si fa storia nelle entità politiche in cui partito e amministrazione coincidono. A questo fine si avvale di un materiale archivistico molto ampio, attinto in sedi istituzionali e in altre trascurate dagli studiosi locali e accademici; un lavoro di scavo ammirevole, che gli permette di esaminare dall’interno tutte le tappe della breve, ma determinante, vicenda oggetto del suo studio, forte della conoscenza dei fini immediati e mediati, palesi e occulti, dei protagonisti, e soprattutto delle ascendenze culturali e ideologiche dei temi e dei linguaggi che sono diventati poi patrimonio comune.
Quello che opportunamente l’a. chiama big bang della storia valdostana recente, il momento puntiforme in cui si decide l’avvenire, è dispiegato nelle sue componenti maggiori e minori – dall’economia alla giustizia, all’apprendistato degli inesperti legisla- tori locali, al recupero o invenzione del patrimonio immateriale – in tutta la sua verità, senza maquillage, anzi piuttosto con un certo gusto del retroscena. Ciò che vediamo assai bene e per la prima volta è il rovescio del disegno, la trama spessa di manovre, la diversità delle parti che i protagonisti recitano in diverse sedi. Come risultato finale non abbiamo
«scoperte», perché Désandré conferma i risultati acquisiti in tempi recenti da studi indi- pendenti, bensì i presupposti, i collegamenti, tutti i punti che tengono insieme il tessuto già conosciuto o presunto.
Questa è chiaramente l’opera «della vita» per l’a., un concentrato di riflessione che fa tesoro di un apparato concettuale che impressiona il lettore; procedere nella lettura chiede estrema attenzione, peraltro remunerata, a causa delle sottigliezze del linguaggio e della profusione di dottrina.

Tullio Omezzoli