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Southern Europe? Italy, Spain, Portugal, and Greece from the 1950s until the present day

Martin Baumeister, Roberto Sala (a cura di)
Frankfurt-New York, Campus, 2015, 253 pp., € 39,90

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume raccoglie alcune delle relazioni discusse durante un convegno tenutosi al
Deutsches Historisches Institut di Roma nel giugno 2013. I vari saggi analizzano, da diverse
prospettive tematiche e disciplinari, la categoria analitica di Southern Europe, chiedendosi se
essa rappresenti «a useful concept for understanding the European present and recent past»,
o piuttosto «a misleading notion brought up by polarized political debates» (p. 8).
Partendo dalla costatazione che il concetto è stato utilizzato più dalle scienze sociali
che non dalla storiografia, Sala e Baumeister affermano, nel loro bel saggio introduttivo,
che il termine Southern Europe esiste più che altro come normative discourse e come mental
mapping e che i suoi usi e significati sono stati influenzati e ridefiniti dal quadro politico
del dopoguerra, segnato dall’emergere della guerra fredda (Franzinetti) e dal progressivo
processo di integrazione europea (Piermattei).
Il libro è organizzato in quattro sezioni e i saggi che le compongono riflettono sulle
implicazioni epistemologiche di un possibile Southern Europe Model (Rhodes), ne problematizzano
la validità per ciò che concerne i sistemi di welfare (Martin) o ricostruiscono i
processi migratori (King) e d’industrializzazione (Simonazzi-Ginzburg), nell’area in questione,
dal dopoguerra a oggi.
Molto interessante il saggio di Knöbl che fa un excursus storico dell’applicazione
della Modernization Theory all’Italia e alla Spagna da parte della sociologia, a partire dagli
anni ’50. Ne deriva un corto circuito di contraddizioni che si palesavano allorquando il
presente o il passato smentivano o confermavano i dettami della stessa teoria della modernizzazione,
soprattutto in relazione al rapporto tra modernità e democrazia.
Anche se letta criticamente, la Southern Europe del volume è frutto di un’osservazione
per certi versi «esterna» all’oggetto in esame. La categoria viene infatti ricercata in
indagini comparate di matrice sociologica e di impianto modellistico – e il noto studio
di Giulio Sapelli, pur analizzato criticamente, è citato in tutti i contributi – la cui scala
di analisi generalizzante e ad ampio raggio induce a non captare pienamente le sfumature
di una realtà complessa come quella dell’Europa meridionale, mentre viene quasi completamente
ignorata tutta una storiografia che, anche se non di carattere transnazionale
o comparato, ha messo in discussione la «perifericità» dell’Europa mediterranea, se non
altro quella di Spagna e Italia meridionale. Si pensi, ad esempio, al superamento del paradigma
del fracaso da parte della storiografia del milagro per la Spagna (Worms, 2012;
Ringrose, 1998) o anche agli studi sulle borghesie urbane che tra anni ’80 e ’90 hanno
«riscoperto» il Mezzogiorno e la Spagna come «terre di città», protagoniste di dinamici,
anche se caotici, processi di modernizzazione già dall’800.
In ogni caso, il volume è un’interessante «storia dell’idea di Southern Europe» e una
stimolante e aggiornata riflessione multidisciplinare su alcune questioni cruciali che riguardano
l’Europa meridionale contemporanea.

 Giovanni Cristina