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Spie e professori nell’Ungheria di Ràdar

Alberto Indelicato
Firenze, Le Lettere, 110 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume di Indelicato, diplomatico di lungo corso e profondo conoscitore dell’Eu¬ropa orientale contemporanea, intreccia in modo originale e divertente diversi piani nar¬rativi. Da un lato, una penna leggera, disincantata e colta guida il lettore dietro le quinte della vita quotidiana del rappresentante di uno Stato capitalista in un paese del blocco sovietico nella seconda metà degli anni ’60. Senza cadere nell’artificio retorico dell’iperbo¬le, o nell’eccesso di protagonismo che spesso pervade le memorie personali, l’a. costruisce una gustosa galleria di personaggi immortalati con estro nelle proprie virtù e debolezze (ambasciatori italiani a Budapest, colleghi, contatti locali, oltre all’immancabile démi- monde di spie e informatori che circondava il mondo diplomatico durante la guerra fred¬da). Poiché le carte del Ministero degli Esteri italiano relative al periodo della permanenza di Indelicato in Ungheria non sono ancora accessibili — a differenza di quelle ungheresi — le succinte e mai banali osservazioni sul funzionamento di un apparato sensibile come un’ambasciata risultano particolarmente utili a chi voglia approcciarsi allo studio della di-plomazia italiana del secondo dopoguerra o ai rapporti italo-ungheresi nell’era di Kàdàr.
Raffigurato non solo dalla pubblicistica coeva — a Est come ad Ovest — ma anche da buona parte della storiografia più recente come una variante liberale del comunismo di stampo sovietico, il regime kàdàriano costituisce il convitato di pietra dell’intero volume. Il diplomatico italiano non condivide affatto l’opinione diffusa riguardo la “diversità” della Budapest normalizzata degli anni ’60 e ad alimentare i suoi dubbi sono proprio le esperienze di vita quotidiana: l’arroganza ideologica, unita a una crassa ignoranza del mondo occidentale, da parte dei quadri di partito; o l’estrema difficoltà incontrata nell’al- lacciare contatti con il mondo intellettuale, sul quale l’Italia conserva un ascendente ma che vive sotto il costante monitoraggio dei servizi di sicurezza e preferisce evitare qualun¬que conversazione che possa destare anche solo il minimo sospetto. Gli ungheresi che lo accolgono come amico fraterno, una coppia di letterati inseriti nell’apparato culturale, si scopriranno dopo l’apertura degli archivi avere informato con dedizione i servizi di sicurezza.
Lo scetticismo di Indelicato si trasforma presto in una critica talmente aperta da giustificare l’apertura di un voluminoso dossier informativo da parte della polizia politica e trova uno sbocco nella difficile gestione diplomatica dello scandalo Budai-Gambella, un caso di spionaggio (ungherese) smascherato dai servizi segreti italiani a Milano nel novembre 1966. La spropositata reazione ungherese, con il rapimento e l’arresto di un irreprensibile professore di lingua italiana, il vicedirettore dell’Istituto culturale Guido Gambella, costringe il nostro diplomatico a inoltrarsi nei meandri della burocrazia ditta¬toriale: un’esperienza formativa, che contribuisce a rafforzare la sua critica nei confronti di un regime conciliante più nelle parole che nei fatti

Stefano Bottoni