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Sport e proletariato. Una storia di stampa sportiva e di lotta di classe

Alberto Di Monte
Milano, Mursia, 136 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il secondo lavoro di Alberto Di Monte – che nel 2015 aveva pubblicato sempre con
Mursia Sentieri Proletari. Storia dell’Associazione Proletari Escursionisti – appare un’occasione
persa. Si tratta di una ricerca circoscritta che, sulla scia di alcuni precedenti lavori di
Provvisionato, si concentra sulla breve ma importante esperienza di «Sport e Proletariato»,
la prima rivista sportiva di matrice operaista in Italia; un’avventura che durò pochi mesi:
dall’uscita del primo numero il 14 luglio 1923, alla sua soppressione, avvenuta il 12 dicembre
dello stesso anno. Lo fa però senza quella profondità che ci si aspetterebbe da un
titolo così ambizioso e da una casa editrice importante.
Il libro ha senz’altro il merito – come evidenziato da Sergio Giuntini nella Prefazione
– di superare lo stereotipo di quello che troppo spesso è stato frettolosamente bollato
come «antisportismo socialista» (p. 9). Inoltre l’esperienza di «Sport e Proletariato» risulta
senz’altro significativa nel più ampio contesto dello sviluppo di un sistema sportivo del
nostro paese, poiché dimostra ulteriormente quanto nel corso degli anni ’20 si stessero
affermando con forza processi di sportivizzazione indipendenti e alternativi a quelli messi
in atto dal fascismo.
L’a. struttura il testo in sei capitoli: i primi due di carattere generale sul contesto politico
e sportivo e gli ultimi quattro legati all’esperienza concreta della rivista. Per quanto
nei capitoli finali vengano messe in luce alcune particolarità della rivista – e nello specifico
l’attenzione è sugli autori, su quali discipline venivano trattate, sul rapporto con altre
analoghe esperienze europee, sulle campagne portate avanti e sulle cause della chiusura
– anche al lettore più distratto saltano immediatamente all’occhio gli scarsi rimandi alla
letteratura preesistente e le gravi lacune bibliografiche; basti pensare che l’intera bibliografia
del testo si esaurisce in poco più di una pagina. Gravemente lacunosi appaiono i
riferimenti alle ricerche sul dibattito politico, sul rapporto fra sport e prima guerra mondiale
e fra sport e fascismo, ma particolarmente grave appare la mancata considerazione
dei principali lavori sull’associazionismo sportivo «di sinistra» nei primi anni ’20 come
Storia dello sport in Italia. Dalle società ginnastiche all’associazionismo di massa, scritto da
Felice Fabrizio nel 1977, e i più recenti lavori di Bruno Di Monte, Era UISP da cent’anni,
e Giuntini, Sport e Movimento Operaio. Storie italiane.
Rimane una gradevole lettura più utile sul piano divulgativo che storiografico, arricchita
da un’Appendice – slegata dal tema della ricerca – in cui l’a., attraverso un’intervista
a quattro protagonisti, dibatte sul significato di quello che oggi si autodefinisce «sport
popolare».
Nonostante le serie lacune bibliografiche il libro ha comunque il merito di riportare al
centro del dibattito storiografico un tema abbastanza marginalizzato come quello dello sviluppo
dell’associazionismo sportivo legato ai movimenti e partiti operai in Italia, che nell’anno
del centenario della Rivoluzione bolscevica meriterebbe maggior approfondimento.

Nicola Sbetti