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Stefano Luconi – Little Italies e New Deal. La coalizione rooseveltiana e il voto italo-americano a Filadelfia e Pittsburgh – 2002

Stefano Luconi
Milano, Franco Angeli, pp. 254, euro 19,50

Anno di pubblicazione: 2002

Luconi dialoga con tre filoni di ricerca: le storiografie sugli immigrati di origine italiana, sul comportamento elettorale degli americani, e sulla formazione della coalizione elettorale rooseveltiana. Ciascuno di questi filoni è, di per sé, piuttosto sviluppato negli Stati Uniti; la scelta forte e originale dell’autore è di collocarsi nel loro punto di intersezione e di affrontare il tema, finora trascurato, del comportamento elettorale degli italo-americani negli anni di costruzione del moderno partito democratico, il partito del New Deal e della classe operaia etnica (quindi anche Italian-American) che fino agli anni Venti del Novecento aveva votato repubblicano. Luconi lo fa con competenza e intelligenza, analizzando una mole di dati raccolti negli uffici elettorali municipali di Filadelfia e Pittsburgh, negli archivi statali della Pennsylvania, negli archivi presidenziali di Roosevelt e Truman. Con risultati interessanti.
Gli italo-americani delle due città si comportarono in maniera diversa. A Pittsburgh espressero stabili maggioranze democratiche dalle elezioni presidenziali del 1928 in poi, fino agli anni Cinquanta, in tutti i tipi di elezioni. A Filadelfia furono invece instabili e infedeli. Votarono democratico nel 1928 e in alcune elezioni nazionali a metà anni Trenta, ma poi tornarono ai repubblicani; e votarono sempre repubblicano nelle elezioni locali. Insomma, non esiste alcun determinismo nelle scelte di voto ? neppure in ambienti socio-culturali simili, operai e immigrati (anche se la comunità di Filadelfia sembra più antica e composita di quella di Pittsburgh, un fatto descritto da Luconi ma non problematizzato). La ragione principale della diversità sta nell’organizzazione di partito. A Pittsburgh la ?macchina? repubblicana collassò subito, lasciando il posto a una efficiente macchina democratica che prese il controllo del governo locale e della fedeltà degli elettori. A Filadelfia, invece, non ci fu alcun collasso organizzativo, e i repubblicani continuarono per decenni a gestire le risorse clientelari locali a beneficio (e con la riconoscenza) degli italo-americani.
Nel capitolo conclusivo Luconi discute la questione dei tassi di partecipazione elettorale degli italo-americani. Come in tutto il paese, anche a Pittsburgh e Filadelfia gli immigrati italiani si naturalizzarono tardi, più tardi rispetto agli immigrati di altre nazionalità. Continuarono a lungo a sentirsi ?uccelli di passaggio?, volevano tornare in Italia, non diventare cittadini della repubblica americana. Negli anni Trenta, tuttavia, le loro naturalizzazioni crebbero, e così la loro affluenza alle urne; e le loro preferenze andarono in prevalenza ai democratici. Ciò conferma l’ipotesi storiografica secondo cui la crescita della coalizione newdealista dipese solo in parte dalla ?conversione? di vecchi elettori repubblicani. In maniera più decisiva, dipese dalla ?mobilitazione? di nuovi elettori, che fino ad allora non avevano votato.

Arnaldo Testi