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Stefano Musso – La partecipazione nell’impresa responsabile. Storia del consiglio di gestione Olivetti – 2009

Stefano Musso
Bologna, il Mulino, 340 pp., Euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2009

Esce con questo volume una nuova ricerca dedicata alla Olivetti di Ivrea. Storico del lavoro, Stefano Musso approfondisce quale significativa eccezione essa abbia rappresentato nell’evoluzione delle relazioni industriali di questo paese, mettendo a fuoco le vicende del suo «consiglio di gestione» tra l’immediato secondo dopoguerra e il 1971. Si tratta di una spanna di tempo più lunga rispetto ad esperienze analoghe sperimentate in altre realtà industriali italiane dopo il 1945 ma tutte conclusesi entro i primi anni ’50; e si tratta di una spanna di tempo più lunga anche della gestione personale di Adriano Olivetti (il quale, come è noto, scompare prematuramente nel 1960), e ciò introduce alla «isteresi», realizzata o mancata, della sua influenza sulla cultura corporata Olivetti e in generale sulla cultura industriale italiana. Musso spiega che in Olivetti il Consiglio di gestione operava prevalentemente in relazione ai servizi sociali aziendali ed era un istituto concepito entro la stessa duplice valenza del riformismo di Adriano: da un lato in funzione di educazione dei lavoratori a una più consapevole partecipazione alla vita dell’azienda e alla costruzione di relazioni cooperative con la direzione dell’impresa; dall’altro in funzione di ponte con il territorio secondo l’impianto della proposta politica del Movimento di comunità. La fonte principale della ricerca consiste nei verbali delle riunioni del Consiglio, conservati presso l’Archivio storico Olivetti, attraverso i quali si possono leggere le rispettive strategie degli attori in campo, gettando nuova luce sulla vecchia questione del «paternalismo». I motivi di rilevanza di questa monografia sono chiariti dall’a. sin dalle prime pagine e si collocano su scale differenti. I primi due sono più particolari: per quanto l’Olivetti sia stata largamente studiata, quello del funzionamento del suo Consiglio di gestione è un aspetto di cui si propone una completa sintesi per la prima volta, agganciandola, non solo alle più note svolte tecnologiche e di organizzazione del lavoro, ma anche e soprattutto al tema della partecipazione dei lavoratori alle decisioni aziendali e alla concreta ipotesi di un azionariato operaio. Gli altri motivi di interesse sono invece più generali. Musso propone il caso Olivetti come il tentativo certamente più avanzato, nel contesto italiano, di istituzionalizzare il rapporto tra capitale e lavoro, di dare vita a un sistema regolato di relazioni industriali oltre che di welfare aziendale particolarmente innovativo anche se non certo unico. Non manca di metterlo in rapporto alle altre esperienze realizzate nella penisola, pure nate sull’onda del movimento resistenziale, ma non sottrae l’analisi a un confronto internazionale: la valutazione del cdg Olivetti, per quanto esemplare, esce infatti in parte ridimensionata se messa in relazione ad esperienze e assetti normativi realizzati in altri paesi europei a modernizzazione più intensa quali Francia e in Germania. Entro questi ambiti, il libro offre risposte articolate e precise a diverse domande e lo fa con grande equilibrio di giudizio, evitando gli anacronismi di una certa memorialistica ma non il richiamo alla prospettiva civile più attuale.

Roberta Garruccio