Cerca

Stefano Palmieri – Degli archivi napolitani. Storia e tradizione – 2002

Stefano Palmieri
Napoli-Bologna, Istituto italiano per gli studi storici-il Mulino, pp. 655, euro

Anno di pubblicazione: 2002

Il filo conduttore dei dieci saggi raccolti in questo volume (due dei quali sono inediti) è rappresentato dalla valorizzazione delle fasi al contempo più caratteristiche e contraddittorie attraverso le quali sono passati gli archivi partenopei in età contemporanea. L’istituzione del Grande Archivio e i progressi dell’accentramento e della statalizzazione, considerati abitualmente come momenti nevralgici, restano per così dire sullo sfondo all’interno di una trattazione che mira invece ad illuminare sulle debolezze dell’accentramento stesso e, di conseguenza, ad esaltare le grandi individualità coinvolte in questa vicenda. Si susseguono la storia delle fonti della Repubblica del 1799, la cui dispersione fu dovuta ad una miope misura controrivoluzionaria; i momenti più difficili seguiti all’unificazione nazionale e all’imposizione della tradizione archivistica ?piemontese?; gli annosi problemi logistici sollevati dai continui restauri; il fallimento delle misure cautelari adottate durante l’ultima guerra mondiale per salvaguardare i fondi più preziosi. La ?tradizione napoletana?, sottolinea l’autore, era caratterizzata fin dal XVIII secolo dal convincimento che gli archivi pubblici dovessero servire soprattutto agli studiosi, agli storici, alle memorie patrie, e non esaurire la loro funzione nella conservazione degli atti amministrativi.
Dal 1799 al secondo Novecento gli archivisti napoletani si sono distinti per le loro iniziative a difesa della sinergia tra università e archivi, per l’avocazione di questi al Ministero della pubblica istruzione, per l’adeguamento delle maglie amministrative alle ragioni del policentrismo e al rispetto di esigenze peculiari. Nei saggi di Palmieri emergono figure che furono in prima linea nella battaglia a difesa della ?tradizione napoletana?. Si pensi a Trinchera, che non accettò di sacrificare l’ottimo personale di età borbonica alle ragioni dell’opportunismo postunitario; o a Capasso, grazie al quale la figura dell’archivista-paleografo si emancipò dai limiti dell’erudizione maurina arricchendosi di una cognizione più profonda dei progressi della storiografia. Nel nostro secolo spiccano le vicende di Filangieri e di Jole Mazzoleni: direttamente coinvolti nei disastri arrecati dall’occupazione tedesca, nel loro impegno per la ricostruzione dei fondi perduti non è difficile scorgere l’intimo nesso di eccellenza scientifico-professionale e coscienza civile. Con loro, con la fine della direzione Mazzoleni a metà degli anni Settanta, si chiuderebbe per Palmieri una ?stagione eroica? degli archivi e degli archivisti napoletani, costretti come del resto i colleghi italiani a rimettersi agli imperativi di una politica ministeriale che sottrarrebbe tempo e denaro a studio e attività editoriale per trasformare l’istituzione in una galleria di ?eventi?. In altre parole, la vicenda degli archivi e degli archivisti entrerebbe dopo il 1975 in una nuova fase, di cui si attende un’analisi altrettanto disponibile a valorizzare le individualità e le tradizioni locali anche nei momenti di maggior ?dissonanza? rispetto alle direttive statali.

Maria Pia Casalena