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Stefano Petrungaro – Riscrivere la storia. Il caso della manualistica croata (1918-2004) – 2006

Stefano Petrungaro
Prefazione di Stuart J. Woolf, Aosta, Stylos, 325 pp., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2006

Al più tardi dopo la prima guerra mondiale, allorquando la Società delle Nazioni si profuse ufficialmente per una revisione antirevanscista dei manuali scolastici a livello internazionale istituzionalizzando diverse commissioni bilaterali di storici, l’importanza politica di questa particolare produzione storiografica avrebbe dovuto attirare l’attenzione della ricerca storica. Nonostante l’evidente rilevanza di queste pubblicazioni a larghissima diffusione, soltanto recentemente sono diventate oggetto di seri studi. Tra questi vanno annoverati i convegni SISSCO sull’insegnamento della storia contemporanea e la scuola (Perugia 2002, Pisa 2003), come pure i contributi sull’«uso pubblico della storia» (Annale II/2001 et seq.). In questo, se non ancora rigogliosissimo, certamente sempre più fruttuoso filone di studi si situa anche l’ottima e ispirata ricerca di Stefano Petrungaro sulla manualistica croata dal primo dopoguerra a oggi. Il lavoro colpisce sia per la solidità dell’impianto teorico e metodologico sia per l’ampio raccordo della manualistica croata quale fonte principale, tanto più se si considera che è nato quale tesi di laurea. Lo studio si suddivide sostanzialmente in due parti. La prima presenta uno «sguardo panoramico su manuali e dintorni», identificando i «punti caldi» della storia nazionale croata nella sua longue durée, partendo dai primordi mitologici della «nazione» sino a giungere alla proclamazione d’indipendenza della Repubblica croata nel 1991. In questo saggio iniziale sono discusse le strutture mentali di diversi stereotipi nazionali, i miti ed i topoi storiografici attraverso i differenti periodi storici. Riguardo all’uso pubblico della storia nella manualistica croata, Petrungaro giunge all’interessante conclusione che al centro del problema «non sta tanto la falsificazione, quanto il silenzio» (p. 42). Effettivamente le riletture del passato sono state realizzate attraverso «una attenta selezione dei dati» e dei «repertori simbolici» ai quali di volta in volta si poteva ricorrere. La seconda parte del lavoro è quella più empirica. Qui Petrungaro presenta la vasta casistica dei percorsi tematici tratti dai manuali consultati: una dozzina per il periodo monarchico (1918-1941), cinque per il periodo ustascia (1941-1945), una ventina sia per il periodo socialista (1945-1990) sia per quello della Repubblica di Croazia (1991-2004). Evidentemente il metodo applicato di una critica delle fonti manualistiche giunge ai suoi limiti laddove andrebbero mostrati concretamente gli interventi censori da parte degli organi dello Stato. Per forza di cose, qui i risultati rimangono piuttosto sul piano speculativo, p. es: «Sembra non ci possano essere dubbi sul fatto che gli interventi di modifica dei testi rispondessero a direttive provenienti dall’alto» (p. 45). Proprio qui dovrebbero partire nuove ricerche che sulla base di fonti d’archivio dei rispettivi ministeri (che perlomeno per i primi periodi sono accessibili) documenterebbero precisamente dinamiche e intenzioni censorie. Nonostante questi limiti, non può sussistere dubbio alcuno che con questo studio Petrungaro ha apportato un ragguardevole contributo alla storia della storiografia europea.

Sacha Zala