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Stephen Gundle – Figure del desiderio. Storia della bellezza femminile italiana – 2007

Stephen Gundle
Roma-Bari, Laterza, XXXV-475 pp., Euro 22,00 (ed. or. New Haven-London, 2007)

Anno di pubblicazione: 2007

Gundle affronta lo studio di uno stereotipo «apparentemente statico», ma soprattutto «prevalentemente maschile» (p. XXXI). Lo sguardo maschile costituisce il filo conduttore del discorso, almeno fino agli ultimi decenni, quando – secondo l’a. – la parola passa anche ad alcune giornaliste donne: una tesi tutta da verificare, ora che tanti studi hanno messo in luce la grande ricchezza della stampa femminile italiana degli ultimi due secoli aprendo altre piste di ricerca possibili e meno ovvie.Il discorso prende le mosse dall’800 (dal quale curiosamente manca la classica icona di Overbeck della giovane Italia medievaleggiante e bruna contrapposta alla bionda Germania) con i viaggiatori del grand tour e si snoda poi, in modo più convincente, fino al secondo ‘900.Il libro è un po’ rapsodico, costruito in larga parte come una sorta di galleria di bellezze che comprende la regina Margherita e le modelle di Sargent ma anche attrici come Lina Cavalieri – alla quale è dedicato il lungo capitolo sull’Ascesa della bellezza professionale, per giungere poi a medaglioni dettagliati su singole figure: come Loren e Lollobrigida, ma anche Ilona Staller e Moana Pozzi, Alessandra Mussolini e così via.La parte più solida del volume appare quella dedicata ai momenti forti della costituzione di uno stereotipo di bellezza «italiana» attraverso concorsi di bellezza e soprattutto le rubriche dei giornali. Il «Corriere italiano» degli anni del fascismo ad esempio ospitava una rubrica fissa intitolata Pareri sulle belle donne in cui gli intellettuali cercavano di definirne le qualità e finivano spesso per dichiarare con il pittore Armando Spadini: «le più belle donne sono in Italia, e probabilmente nel Lazio. Sono convinto che la bellezza si accentra in Roma» (cit. a p. 145) con la palese intenzione di contrastare miti basati su una esterofilia di lungo periodo e sui nuovi modelli hollywoodiani. L’ostilità del regime contro l’uso dei cosmetici e la moda straniera, e la riproposizione della bellezza contadina si affermano di pari passo con la critica della «donna crisi», duramente stigmatizzata persino dall’Enciclopedia italiana. Mentre Calzini esalta la bellezza fascista e si impone l’orgoglio razziale, il popolare personaggio della signorina Grandi Firme, disegnata da Boccasile a partire dal 1935, suscita lo sdegno di Mussolini, il quale fa chiudere la rivista perché la giovane protagonista ha la vita troppo sottile e non risponde ai canoni del regime. Interessante appare la messa a fuoco – caratterizzata da aperture e discontinuità – dello stereotipo della bellezza femminile nell’Italia repubblicana quando nasce Miss Italia ma la pratica dei concorsi di bellezza – qui documentati da una serie di fotografie significative – si afferma anche in ambienti comunisti con le miss Vie Nuove. Di rilievo appare infine il tema delle bellezze regionali italiane, destinate ad incorporare la varietà del paese tanto poco riducibile a un unico tratto, che consente anche una serie di incursioni nella recente letteratura meridionalista à la Moe, e che probabilmente potrebbe essere ulteriormente approfondito.

Ilaria Porciani