Cerca

Stuart Hall – Politiche del quotidiano. Culture, identità e senso comune, a cura di Giovanni Leghissa – 2006

Stuart Hall
Milano, Il Saggiatore, 256 pp., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2006

È particolarmente benvenuta in Italia la pubblicazione di due volumi di scritti di Stuart Hall, una figura cruciale per gli studi culturali e postcoloniali. È però un peccato che i volumi raccolgano in larga misura gli stessi saggi, mentre sarebbe stato auspicabile un coordinamento e quindi una differenziazione tra di essi. Nato in Giamaica nel 1932, attivo nella nuova sinistra britannica, Hall è stato per molti anni al centro di Cultural Studies di Birmingham e poi alla Open University. La rilevanza di queste traduzioni è legata non solo all’ancora parziale diffusione degli studi e della storia culturale nel nostro paese, ma anche ad altri fattori: ad esempio l’importanza che attribuisce Hall al pensiero di Gramsci per la comprensione del «popolare» e della «cultura». Lo stile piano e la chiarezza dell’esposizione rendono questi scritti utili per tutti, ma soprattutto per gli studenti di vari ordini di scuole. Tra i filoni che trovo più interessanti stanno quelli della genesi degli studi culturali dalla crisi delle discipline umanistiche, e del loro situarsi nella zona di tensione tra lo spazio separato proprio della cultura e il contatto con la vita reale, che non è affatto solo materiale, ma fortemente costituita da simboli. C’è una caratteristica centrale della storia culturale che la situa tra le discipline e non nell’ambito della politica: si tratta di quello «spostamento» che è implicito nel concetto di cultura (Politiche, p. 295), cioè il riconoscimento della testualità e del potere culturale, la consapevolezza che la cultura è oggi una componente importante del consumo, nonché la certezza del rapporto tra potere e cultura. Hall ci invita, citando Edward Said ? un altro «padre» della storia culturale ? a convivere con la tensione tra il testo e le sue connessioni con le istituzioni, il che rinvia all’incompletezza intrinseca degli studi culturali e alla consapevolezza di questo da parte della storia culturale: «Là fuori la gente sta morendo» è la frase che esprime in modo pregnante tale consapevolezza. La riflessione di Hall, sebbene si appunti rigorosamente sull’ambito culturale, tiene conto degli sviluppi economici e politici a livello globale. Individua i cambiamenti che tali sviluppi stanno provocando a livello soggettivo e oggettivo, dall’atteggiarsi dei soggetti politici alle mutazioni del discorso mediatico. Si articola intorno al nodo delle identità e chiarisce fino in fondo le ambiguità connesse con quelle cosiddette «etniche», decostruendo il processo che ha separato significanti come «nero» dai loro contesti storici, culturali e politici, per impiantarli in categorie razziali costituite biologicamente, offrendo così al razzismo un rafforzamento del terreno su cui può allignare (Il soggetto, p. 275). Hall conclude che «esiste, certamente, un insieme profondo di esperienze nere peculiari e storicamente definite», ma che esse devono essere trattate con attenzione alla diversità e non all’omogeneità dell’esperienza nera. Un avvertimento che possiamo far nostro in tutti gli studi di storia culturale.

Luisa Passerini