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Svizzera. Storia di una federazione

Thomas Maissen
Trieste, Beit, 400 pp., € 20,00 (ed. or. Leipzig, 2012, trad. it. di Roberta Gado, Piero Budinich)

Anno di pubblicazione: 2015

I lavori di Thomas Maissen, storico e direttore del Deutsches Historisches Institut
di Parigi, si distinguono per l’interesse nella messa in discussione delle narrazioni nazionali.
Anche nel caso di questo libro, la dichiarazione iniziale dell’a. è chiara: si tratta di
proporre un’analisi complessiva dell’evoluzione dell’assetto politico della Confederazione
elvetica emancipandola da una visione deformata e mitizzata.
L’impianto cronologico del libro è costruito attorno a questa linea. Risulta subito
evidente l’aspetto più originale dell’opera, che contraddistingue la prima parte, senz’altro
la più riuscita del volume: inserire la nascita della Confederazione nel contesto del Sacro
Romano Impero, contrastando così con una narrazione nazionale che vede nella mitica
data del 1291 la costituzione di uno Stato elvetico. È un ambito di studi ben conosciuto
dall’a., il quale assieme ad altri storici svizzeri di lingua tedesca – area nella quale storicamente
l’importanza dei miti delle origini è più sentita – ha attivamente partecipato ai
recenti dibattiti sull’uso pubblico della storia, stimolati anche dal ritorno all’uso strumentale
di avvenimenti e di celebrazioni storiche, in particolare da parte di movimenti
politici, quali l’Unione democratica di centro (Udc).
Partendo da questi presupposti, che dal punto di vista storiografico tendono a inserire
la nascita della Svizzera nello sviluppo dell’area europea – proprio perché va superata
l’idea dell’eccezionalità della costruzione statuale tipica delle memorie nazionali, come
rilevato nell’introduzione – l’a. ci conduce da un insieme di alleanze fluide (p. 58) ai primi
passi di una vera e propria federazione (a metà del XV secolo), via via fino allo sviluppo
dello Stato-nazione nell’800, ponendo particolare attenzione ai mutamenti nei rapporti
di potere tra i vari attori. Maissen smonta così la visione di un popolo di contadini e di
pastori con un profondo senso della «libertà», immagine che, tra Illuminismo e Romanticismo,
diventerà la base sulla quale si costruirà la visione di una nazione «forgiata dalla
natura stessa del suo paese» (p. 148). Nell’ultima parte, quella più contemporanea, l’interesse
dell’a. si concentra particolarmente sui rapporti tra Svizzera ed Europa, parteggiando
abbastanza chiaramente per una più solida alleanza tra le due.
Anche le opere di sintesi meglio riuscite risentono inevitabilmente degli interessi
puntuali dell’a.: Maissen è molto attento agli aspetti culturali e politici in senso lato;
meno approfonditi, in diverse occasioni, quelli socio-economici. La Svizzera italiana, infine,
è anche questa volta negletta, come si evince anche dalla bibliografia, per buona parte
di lingua tedesca. Peccato, poiché è proprio il federalismo – che si vuole anche, quando
non soprattutto, linguistico e culturale – a restare tra le immagini della Svizzera più complesse
da analizzare e da decostruire. Resta il fatto che solidi lavori come questo sono i
benvenuti e non si può che consigliarne la lettura.

Nelly Valsangiacomo