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Tassilo Wilhelm Maria Englert – Deutsche und italienische Zivilrechtsgesetzgebung 1933-1945 – 2003

Tassilo Wilhelm Maria Englert
Frankfurt am Main, Peter Lang, pp. 276, euro 51,50

Anno di pubblicazione: 2003

Il libro, piuttosto rigido nella sua impostazione, risulta tuttavia molto preciso nel perseguire il suo intento di comparazione tra la legislazione civile fascista e quella nazista nel periodo 1933-1945. Interessante è non solo l’analisi del diritto di famiglia e del diritto ereditario, ma anche l’attenzione alla ricezione delle leggi italiane in Germania e viceversa.
L’autore intende indagare gli effetti del nazionalsocialismo dal punto di vista giuridico, soprattutto in un campo direttamente attinente alla sfera privata come il diritto civile. Durante il periodo nazista si ebbero, sotto l’egida della Akademie für Deutsches Recht e del suo presidente Hans Frank, numerosi incontri tra giuristi tedeschi e italiani che portarono all’istituzione del Comitato per le relazioni giuridiche italo-germaniche nel 1937.
I materiali di riferimento per l’analisi di Englert sono i testi legislativi, le interpretazioni ufficiali, i rapporti delle commissioni legislative e la letteratura coeva. Dopo aver descritto brevemente il concetto di interesse collettivo nell’ideologia nazista e i possibili corrispettivi italiani, l’autore si sofferma sui lavori del Comitato per le relazioni giuridiche italo-germaniche e, in modo particolare, sulle questioni relative al diritto delle obbligazioni e al tema dell’adeguamento dei contratti in entrambi i paesi.
L’argomento successivo, il diritto di famiglia, costituisce la parte più rilevante dell’opera, che tratta sia la legislazione sul matrimonio, che quella sulla prole. Infine, Englert si sofferma sulla questione del diritto ereditario. Ciò che maggiormente contraddistingue la legge matrimoniale nazista è la forte matrice ideologica, che l’autore non ritrova in Italia, dato anche l’influsso della Chiesa cattolica e il Concordato del 1929. Un cambiamento rilevante avvenne con le leggi fasciste del novembre 1938 che impedirono il matrimonio tra appartenenti a ?razze? diverse.
L’autore sembra dimostrare che l’Italia aspirò principalmente a costruire una legislazione propria, in cui l’influenza del diritto canonico avrebbe avuto la meglio su quella della legislazione nazionalsocialista. Fortemente criticati in Italia furono, infatti, sia il certificato per l’idoneità al matrimonio, che il divorzio, in vigore in Germania. Anche in tema di legittimità dei figli, la difesa della famiglia legittima e la morale pubblica rappresentarono i valori da preservare nell’Italia fascista. L’Italia, pertanto, non seguì i tentativi tedeschi di aumentare il potere dei giudici o di dare eccessiva priorità al motivo della ?comunità?. Atteggiamento testimoniato anche dall’alta considerazione per la codificazione scritta (Codice civile 1942), piuttosto che per le leggi speciali di tipo nazista.
In conclusione, il lavoro di Englert offre un buon impianto comparativo che garantisce alcuni chiarimenti sulle diverse strutture di potere e le differenti impostazioni ideologiche dei due regimi, nonostante talvolta l’approccio con il materiale analizzato e il collegamento tra le due legislazioni risulti faticoso.

Martina Salvante