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The correspondence of Roland H. Bainton and Delio Cantimori 1932-1966. An enduring transatlantic friendship between two historians of religious toleration

with an appendix of documents edited by J. Tedeschi, Firenze, Leo S. Olschki, pp

Anno di pubblicazione: 2002

Nel 1950, Bainton annunciava a Cantimori l’idea di ridar vita all’?Archiv für Reformationsgeschichte? sulla base di una collaborazione fra studiosi statunitensi e tedesco-occidentali, fra cui G. Ritter. Quasi tre anni dopo, Cantimori si diceva disposto a pubblicarvi una recensione di alcuni libri italiani (p. 176), che però non avrebbe mai consegnata, rinunziando poi a far parte dell’?editorial staff?. Ritter rivelò che il rifiuto era dovuto a intuibili motivi politici: negli anni in cui l’occidentalizzazione e il riarmo della Germania e l’integrazione europea e atlantica erano visti dai partiti comunisti come una manovra contro la ?pace? e la politica sovietica, Cantimori aveva finito per ritenere inopportuna (autonomamente o sulla base di autorevoli suggerimenti) una sua partecipazione. In tutto il carteggio precedente, i due studiosi non avevano mai parlato delle rispettive posizioni politiche: si erano scambiati informazioni bibliografiche e archivistiche, avevano discorso dei loro studi e dei loro progetti, degli amici comuni, di iniziative editoriali (l’Ochino di Bainton fu pubblicato nel 1940 per iniziativa precipua di Cantimori). Molte lettere erano state dedicate alla sistemazione americana di Kristeller, profugo in Italia e dopo il 1938 negli Stati Uniti; altre alle iniziative per le popolazioni europee promosse dall’attività filantropica di Bainton e dei gruppi religiosi di cui faceva parte. Cantimori aveva preferito passare sotto silenzio le sue peregrinazioni intellettuali, i progetti che si accavallano, le scelte politiche (?Quest’anno non ho fatto nulla, […]. Ho pensato a cose molto diverse che i riformatori?, gli scrive il 25 novembre 1933, non accennando all’intensa analisi della politica europea, specie tedesca condotta in quei mesi). Quando si incontreranno a Londra nel 1956, non potrà sottrarsi al confronto e allora ribadirà che per lui il comunismo rappresentava ?the good essence of the Puritan, the American and the French revolutions? (p. 185). Vera certamente per la rivoluzione francese, la risposta appare diplomatica per le altre due: ma sicuramente egli intendeva il comunismo come lo sbocco della ?civiltà moderna?, del percorso di emancipazione dall’Umanesimo alla Riforma, all’Illuminismo, al marxismo (una risposta non molto diversa il gentiliano Cantimori avrebbe dato, venticinque anni prima, a proposito del suo fascismo). Di fronte all’invasione dell’Ungheria, questa costruzione intellettuale crolla una seconda volta: si tratta di una svolta che si affretta a riferire all’amico americano, quasi attenui la distanza che li separa. La presenta anche come una scelta del silenzio: ?quando uno riconosce di aver fatto un errore, deve tacere sulle materie nelle quali ha errato, per un certo tempo? (p. 187). Oltre all’interesse dei documenti raccolti, questo volume si segnala per l’ampia Introduzione e il meticoloso apparato critico di Tedeschi, capace di sviscerare con acutezza tutti i problemi che i testi comportano.

Roberto Pertici