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Tommaso Baris – Il fascismo in provincia. Politica e società a Frosinone (1919-1940) – 2007

Tommaso Baris
Roma-Bari, Laterza, XVII-202 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il volume coniuga una vasta conoscenza della storiografia sul fascismo con uno scavo archivistico analitico sulla provincia di Frosinone. Questo impianto di conoscenze permette all’a. di utilizzare, con grande equilibrio, lo studio del caso locale per rispondere ad alcune domande concernenti la presa e la stabilizzazione del potere nelle amministrazioni comunali fino al 1924, la formazione della classe dirigente fascista, il ruolo del PNF nella mobilitazione ed educazione di massa, il processo d’accentramento amministrativo e politico legato dalla svolta del 1926, le modalità di fascistizzazione della periferia, le forme d’uso del discorso pubblico del regime e il loro utilizzo a livello locale. All’interno di questo contesto l’intreccio tra storia amministrativa e storia sociale è il perno metodologico della ricerca, mentre il rapporto tra centro e periferia è la chiave di lettura principale delle vicende narrate. La ricerca si concentra prevalentemente sulle tre figure chiave del prefetto, del podestà e del federale, all’interno delle relative istituzioni: lo Stato, il Comune e il Partito. Tra le fonti ampio spazio è dato alle lettere anonime, utilizzate, dalla periferia, come arma di lotta politica fra le fazioni e di delegittimazione dell’avversario, e, dal centro, come strumento di monitoraggio delle realtà locali.Dal punto di vista dei profili socioprofessionali il caso di Frosinone dimostra che il ruolo della possidenza agraria nella gestione della carica podestarile, prevalente in una prima fase, andò nel tempo stemperandosi lasciando posto al ceto medio emergente degli impiegati e delle nuove professioni. Parallelamente s’indebolisce anche la funzione di legittimazione politica e sociale delle vecchie reti notabilari di matrice liberale a favore della forma partito, che canalizza la domanda di promozione sociale, offre risorse di formazione politica e culturale finalizzate alla modernizzazione urbana, in ultima analisi svolge un ruolo centrale nella produzione del ceto dirigente locale: emerge cosi la nuova figura del politico amministratore di professione. A seguito di questa lettura vanno evidenziate due ponderate valutazioni dell’a. La prima a non sopravalutare la portata della preminenza dello Stato, attraverso la Prefettura, sugli organismi di partito locali, che rappresentarono importanti reti di collegamento tra centro e periferia, permettendo il controllo delle province da parte del centro (p. 82). La seconda a non sottovalutare la capacità del fascismo di incidere nei processi di definizione delle gerarchie sociali locali, plasmando le nuove generazioni (p. 153) e costruendo la nuova classe dirigente (p. 159). Nel complesso equilibrio tra permanenza e cambiamento, Baris c’invita, infatti, a guardare con maggiore attenzione agli elementi d’innovazione sociale che furono attivati dalla svolta accentratrice del 1926-28 e che si diffusero lentamente in periferia, manifestandosi pienamente negli anni ’30. Ma la forza del volume, che valorizza gli elementi d’innovazione, sta nell’evidenziare, in ogni caso, anche la capacità della società locale di resistere alla fascistizzazione (p. XI).

Salvatore Adorno