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Tommaso Detti e Giovanni Gozzini – Storia contemporanea, vol. I, L’Ottocento – 2000

Tommaso Detti e Giovanni Gozzini
Bruno Mondadori, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

Tra i manuali universitari di storia contemporanea comparsi di recente, almeno due vanno ricordati per delle proposte precise. Quella che chiameremmo neo-narrativa di Viola per Einaudi, in cui l’ipotesi di fondo è che esista una possibile continuità almeno espositiva dell’insieme degli ultimi due secoli; e quella politematica di Donzelli e dei suoi autori, dove la chiave di lettura è invece una selezione di questioni rilevanti, rispetto alle quali si formulano interrogativi e si elaborano risposte.
La scelta di Detti e Gozzini può sembrare più neutra, ma di fatto anche qui ci sono delle opzioni forti. La principale mi sembra quella di incrociare nel testo, appena sia possibile, la ricostruzione delle vicende storiche con quella del dibattito storiografico. Didatticamente questo consente non solo di mettere in evidenza il carattere processuale della conoscenza storica, ma anche il suo aspetto dialettico e spesso conflittuale, piuttosto che semplicemente cumulativo. Gli stessi giudizi degli autori, su questo sfondo, risultano particolarmente evidenti e argomentati.
Si è scelto poi di mettere, in coda a ogni capitolo, una sezione distinta che ricostruisce rapidamente un tema di storia della storiografia legato agli argomenti trattati in precedenza. Questo espediente, ad esempio in casi come il Sonderweg, la questione meridionale o la nazionalizzazione delle masse, rende esplicita la differenza fra complessi fattuali, come la seconda guerra mondiale, e strumenti concettuali, come quelli citati prima, che spesso nei testi di storia generale tende a restare confusa e indistinta, con conseguenze non lievi per gli studenti.
Nel merito l’Ottocento di Detti e Gozzini è esplicitamente il lungo secolo di Hobsbawm, che comprende sia la prima rivoluzione industriale che la rivoluzione francese, e si arresta allo scoppio della prima guerra mondiale.
Qui si arresta anche il testo, poiché l’annunciato secondo volume dedicato al Novecento non è ancora comparso, lasciando l’opera incompleta e alcuni interrogativi in sospeso.
Nell’Introduzione si legge, ad esempio, che l’Ottocento è, con ragione, sempre più considerato un periodo di transizione fra età moderna ed età contemporanea; e che, allo stesso tempo, l’evo apertosi con la doppia rivoluzione può verosimilmente ritenersi concluso intorno agli inizi dell’ultimo quarto del secolo scorso. Sono ipotesi forti la cui verifica e la cui effettiva compatibilità non possono trovare riscontro che nella trattazione del Novecento. Così anche il rilievo di temi che sembrano urgenti in una manualistica aggiornata, come la specificità della vicenda europea o lo sviluppo storico delle architetture politico-istituzionali contemporanee, resta imprecisato per gli stessi motivi.
Un giudizio più preciso su quello che si presenta come uno strumento didattico che può essere particolarmente efficace va dunque rinviato, speriamo ancora per poco tempo.

Giuseppe Civile