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Tommaso Piffer – Il banchiere della Resistenza. Alfredo Pizzoni, il protagonista cancellato della guerra di liberazione – 2005

Tommaso Piffer
Milano, Mondadori, pp. 305, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il volume, ricco di spunti di riflessione, si basa su carte private e documenti di archivi italiani e stranieri. Secondo l’autore Pizzoni, nonostante il suo ruolo, ?è stato sistematicamente ignorato dalla storiografia, cosicché oggi nessuno ricorda più chi sia e che cosa abbia fatto? (p. 8). Piffer sottolinea giustamente la tendenza di molti studiosi a emarginare persone e avvenimenti scomodi, ma non considera altre ?dimenticanze’ che riguardano uomini e fatti teoricamente coerenti con gli interessi della supposta cultura dominante (socialcomunista e azionista) a cui si allude spesso nel libro. In questa sede non si può approfondire il discorso, anche se evocare una generica ?storiografia di sinistra?, poco obiettiva e intellettualmente disonesta rispetto a una minoranza di persone sagge e libere da condizionamenti ideologici (storiografia di destra, di centro, liberale, moderata?), non mi pare aiuti la ricerca. Negli anni della giovinezza Pizzoni viaggia molto e, dopo aver interrotto gli studi di ingegneria, ?formato alla scuola del patriottismo democratico risorgimentale? (p. 8), partecipa da eroe alla guerra. Nel ’19 è con D’Annunzio ma, rispondendo alle pressioni dal padre, si laurea in legge e, fino al ’43, mostra un duplice atteggiamento verso il fascismo: da un lato una naturale avversione, che gli deriva dal suo carattere e dalla sua formazione (si avvicina a Italia libera prima e a GL poi), dall’altro la necessità di accettare il regime tutelando famiglia e lavoro, cosa che lo porta nel ’33 a prendere la tessera del PNF e ad abbandonare la politica. Nel ’40, pur convinto che l’Italia perderà la guerra, pensa che l’unica strada sia ?quella di farsi trovare, al momento della disfatta, in una posizione di responsabilità? (p. 39). Nel ’43 riprende a frequentare gli ambienti antifascisti e si reca a Roma ?dove è coinvolto in un tentativo di convincere il re a sostituire Mussolini con Caviglia? (p. 57). Viene chiamato a dirigere il CLN milanese, gradito a tutte le forze politiche perché, nonostante le sue tendenze liberali, non appartiene ad alcun partito. Cosciente delle ragioni della sua nomina, Pizzoni si impegna con generosità nella direzione del CLNAI perseguendo l’unità delle varie anime della Resistenza. Dimostra notevoli capacità organizzative, costruisce un rapporto di fiducia con gli Alleati per avere gli aiuti economici necessari, è animato da quell’?amor di patria? che sembra la cifra del suo agire. Al vertice di un organismo in cui non mancano aspre divergenze politico-ideologiche, è autore di delicate missioni in Svizzera e Italia. Sostituito da Morandi il 27 aprile ’45, si dimette dal CLNAI e diviene presidente del Credito italiano, per cui lavora dal ’20. Dopo la Liberazione, ?a parte una breve partecipazione ai lavori della consulta? (p. 231), Pizzoni rimane estraneo alla vita politica, pur mantenendo rapporti con Dulles e sostenendo la propaganda anticomunista di Sogno. La morte gli evita di vivere l’umiliazione della mancata pubblicazione delle sue memorie, note al pubblico solo dal ’95.

Andrea Ricciardi