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Tra polizie e controllo del territorio: alla ricerca delle discontinuità

Livio Antonielli, Stefano Levati (a cura di)
Soveria Mannelli, Rubbettino, 526 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il volume raccoglie i risultati della ricerca Prin discussi nel 2013 al convegno di Abbiategrasso
su Discipline del territorio e identità: norme, corpi e istituzioni (XVII-XX secolo).
Divisi in cinque sezioni (Corpi, Spazi, Identificazione, Tecniche, Progetti), i 26 contributi
percorrono un lungo arco cronologico: dall’emergere delle questioni connesse all’identificazione
pubblica dei sudditi nei secoli XII-XIII (Hubert), alla rifondazione dei corpi di
polizia in Francia e in Belgio nel secondo dopoguerra (Campion). L’ampia cronologia
consente d’indagare il disciplinamento del territorio e dei traffici che vi si svolgono come
pratica di policing, prima ancora che si definisca, alla fondazione della statualità moderna,
il profilo istituzionale della polizia.
Con questo approccio l’insieme dei saggi (di cui non si può qui rendere conto complessivamente)
porta a buon frutto l’indagine sulle discontinuità, guardando le radici
lunghe del mutamento, con risultati non scontati. Ad esempio nella dinamica città/campagna,
cruciale fin dal Medioevo come nella Pavia del ’300 (Bertoni) dove l’imposizione
dell’annona riesce sulla spinta del governo popolare, in una fase espansiva dell’apparato
amministrativo comunale, contro le resistenze dei poteri locali. Il conflitto (sociale, bellico)
genera discontinuità, come nella Toscana ottocentesca dove la difficile riforma del
corpo ampiamente delegittimato dei birri sperimenta, nelle città turbolente della Maremma,
l’intervento di corpi a statuto militare (Edigati); una pratica poco innovativa, già
presente nel Brabant cinquecentesco con l’intervento della maréchaussée nella capitale,
Bruxelles (Denys).
La presenza dell’elemento militare sopperisce alla fragile e controversa risorsa delle
milizie popolari, nel Piemonte tardomedievale (Grillo) come nei territori turbolenti della
Terraferma veneta cinquecentesca (Ongaro), e le discontinuità si registrano anche sul piano
territoriale, ai confini tra Stati dove è più forte la resistenza di sacche di giurisdizioni
feudali restie al disciplinamento (Costantini). La presenza del militare modella lo spazio
urbano, come nel caso di Spezia (Beri), mentre la crescita della città porta con sé, insieme
alla trasformazione dei rapporti tra giurisdizioni, nuove tecniche di controllo poliziesco:
nella Parigi settecentesca, prima e dopo la fondazione della Sûreté, cambiano i quadri
territoriali in cui operano gli ispettori di polizia (Milliot).
L’attenzione alla dimensione sperimentale e progettuale delle tecniche di controllo e
identificazione rileva il nesso tra innovazione e continuità: negli Stati preunitari (De Lorenzo,
Di Fiore, Meriggi), nell’Italia liberale (Tosatti), come nella Marsiglia di metà ’900
(Vergallo), emerge la priorità del controllo sulla mobilità delle persone, fino alla svolta
occorsa tra XIX e XX secolo con la comparsa della biometria (Messner), tecnica raffinata
che tuttora conserva l’ambiguità tra pratica amministrativo-censitaria e identificativopreventiva.

Carolina Castellano