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Tremila giorni. Fiat: la metamorfosi e il racconto

Bruno Vitali
prefazione di Pier Paolo Baretta, Venezia, Marsilio, 282 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2015

Segretario nazionale della Fim-Cisl dal 2000 al 2012 e responsabile del settore auto dal 2004, l’a. ripercorre le vicende sindacali che hanno accompagnato la trasformazione della maggiore impresa privata italiana in una multinazionale operante a livello globa- le. Lasciata sullo sfondo la metamorfosi della Fiat, viene privilegiata la contrattazione aziendale che l’accompagna e che ne è condizionata. Al centro del racconto è la politica sindacale condotta dalla Fim alla Fiat nell’ultimo decennio, con le vicende ampiamente dibattute anche a livello mediatico, per l’avvitarsi dello scontro tra la Fiom e gli altri sin- dacati firmatari degli accordi separati – in particolare quelli per Pomigliano e Mirafiori
– nel quadro della successiva uscita della Fiat da Confindustria e della nascita di Fca.
La narrazione ha una struttura cronologica, evidentemente sulla base di annotazioni diaristiche stese dall’a. per supportare la propria attività. La difesa delle scelte contrattua- liste e pragmatiche, improntate allo scambio tra concessioni e difesa dell’occupazione, avanza aspre critiche alle impostazioni ritenute ideologiche e dannose per i lavoratori, e anche all’informazione giornalistica, giudicata squilibrata e travisatrice delle reali dina- miche delle trattative e dei loro esiti. La lunga citazione del discorso tenuto da Bob King nel 2010, da neopresidente del sindacato statunitense dei lavoratori dell’auto (Uaw) – discorso eretto a manifesto del sindacalismo del XXI secolo – testimonia l’adesione a una strategia incentrata sulla collaborazione per la produttività e qualità dei processi produt- tivi in cambio di positive ricadute occupazionali e salariali, e nell’ottica di una più larga partecipazione gestionale, da conquistare progressivamente.
Le interessanti narrazioni dei contatti internazionali, tesi a coordinare le politiche contrattuali, mettono in luce, di là dalle intenzioni dell’a., le difficoltà incontrate nei percorsi di globalizzazione dell’azione sindacale e il pericolo che l’identificazione colla- borativa con gli obiettivi dell’impresa possa tradursi in una partecipazione succube delle necessità concorrenziali delle aziende estendendo, di riflesso, la concorrenza tra lavoratori, e acuendo annosi dilemmi dell’azione sindacale. La strategia della partecipazione gestio- nale proposta in chiusura come rimedio ai danni della globalizzazione sregolata e della finanziarizzazione dell’economia – danni peraltro spietatamente descritti – lascia aperto il problema del difficile equilibrio tra collaborazione e conflitto nei rapporti di lavoro. Se, come afferma l’a., i governi nazionali sono troppo deboli per contrastare lo strapotere del- le multinazionali, appare utopico pensare che la partecipazione ai consigli di sorveglian- za, faticosamente strappata in alcune imprese, possa mutare significativamente il quadro generale. Fondamentale è l’indicazione che solo azioni concertate a livello internazionale possono incidere in direzione di uno sviluppo solidale e sostenibile. Ma qui si pone la questione del rapporto tra azione sindacale e azione politica.

Stefano Musso