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treoceano: politica e comunicazione tra Italia e Stati Uniti nel Novecento

Davide Grippa (a cura di)
Firenze, Leo S. Olschki, 325 pp., € 35,00

Anno di pubblicazione: 2017

La raccolta di saggi introdotta e curata con apprezzabile rigore da Davide Grippa
sulla diaspora dei nostri esuli intellettuali negli Usa dell’entre-deux-guerres – «fuoriusciti»
e dissidenti come Salvemini e talvolta ebrei come, a non voler contare gli scienziati (Luria,
Fermi, Rossi, Fano, Segré ecc.), l’economista Franco Modigliani e il giovane ferrarese
Max Ascoli – punta a illustrare scambi e influenze culturali che si prolungarono in Italia,
ben dentro agli anni ’50 del secolo scorso. Al centro delle indagini sviluppate dal folto
gruppo di autori (molti dei quali esperti riconosciuti di storia dell’esilio antifascista da
Taiuti a Camurri, da Capristo ad Acanfora) si collocano le forme della riflessione e della
comunicazione tra i due versanti nazionali sui temi del totalitarismo e delle alternative
liberaldemocratiche di matrice anglosassone anche in rapporto, per alcuni protagonisti,
alle rispettive ascendenze politico-religiose.
Nella trama delle «conversazioni euro-americane» finemente raccordate alle «colpe
nazionali» da Davide Grippa, un certo spazio si ritagliano quindi, sullo sfondo del dibattito
veicolato da importanti riviste («Social Research», «Free World» o, dopo la guerra,
«The Reporter») e da alcuni centri universitari di ricerca statunitensi, ebraismo, sionismo
e popolarismo cattolico, com’è abbastanza evidente nel caso di Max Ascoli e di Luigi Sturzo.
L’influsso più rilevante anche per le ricadute politiche visibili prima nell’attività in Usa
della Mazzini Society e poi, in Italia, nelle iniziative del Partito d’Azione e delle stesse prolungate
reviviscenze postbelliche che ebbe sino ai primi anni ’60 (su impulso, ad esempio,
di Ugo La Malfa e di Manlio Rossi Doria ritratti nel libro da Paolo Soddu e da Simone
Misiani) fu senz’altro quello esercitato da Ascoli a dispetto, verrebbe voglia di dire, delle
sue origini ebraiche indagate in modo minuzioso ed erudito da Annalisa Capristo.
In sede politica, tuttavia, qualche ripercussione ebbero anche le posizioni maturate
da Sturzo (e lasciate in eredità alla Dc degasperiana) in un’America non estranea, sino al
1938, al convergente consenso assicurato al fascismo sia dalla maggior parte dei suoi governanti,
sia dalla Chiesa cattolica e dagli emigrati italiani o, in genere, dagli italodiscendenti
pilotati dalla rete dei Fasci italiani all’estero. Noto en passant che solo nel contributo
di David Kertzer questi ultimi fanno, come soggetti attivi, la loro comparsa. Dove però,
emerge come lo scambio non sia stato poi del tutto ineguale tanto nell’ordine delle idee
filosofiche coltivate dai nostri esuli intellettuali, quanto nel dominio della scienza politica
in cui proprio alcuni di loro, secondo la ricostruzione del compianto Fabio Grassi Orsini,
si fecero tramite dei cruciali concetti di una moderna teoria delle élite elaborata in Italia
da Mosca e da Pareto: naturalmente dovendo fare i conti, com’è ben spiegato negli ottimi
contributi di Alberto Giordano su Luigi Einaudi e di Andrea Mariuzzo su suo figlio Mario,
con il dirigismo del New Deal.

Emilio Franzina