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Tullia Catalan – La Comunità ebraica di Trieste (1781-1914). Politica, società e cultura – 2000

Tullia Catalan
Lint, Trieste

Anno di pubblicazione: 2000

La ricerca presentata in questo volume è il risultato di un lavoro decennale condotto in numerosi archivi italiani e stranieri e ricostruisce le vicende della comunità ebraica di Trieste nell’arco di più di due secoli. Il periodo analizzato è quello in cui la comunità ebraica passa dal regime “precario” dei privilegi concessi a quello dell’emancipazione. Questa transizione è ricostruita nelle diverse scansioni politiche e legislative: nei primi due capitoli del volume Catalan esamina la fase dell’”esclusività dei privilegi”, quella del Toleranzedikt del 1781, quella controversa e paradossalmente fortemente antisemita dell’uguaglianza francese, quella della faticosa difesa dei propri diritti e della lotta contro il ripristino della segregazione e delle vecchie interdizioni della restaurazione asburgica, quella della congiuntura rivoluzionaria del ’48 per approdare infine alla stagione dell’emancipazione concessa dagli austriaci nel 1867. Questo arco temporale bisecolare è anche quello della formazione della comunità stessa che passa dai 103 membri del 1735, ai 2.469 del 1832, ai circa 5.000 intorno agli anni ’80. È infatti proprio il regime particolare di tolleranza, attuato dagli Asburgo a Trieste per incentivare l’economia dell’Impero, ad attrarre consistenti flussi migratori e a favorire l’insediamento di varie minoranze etnico-religiose: oltre agli ebrei, greci, armeni, protestanti, serbi-ortodossi. Di questa comunità Catalan ricostruisce vari aspetti cui sono dedicati altrettanti capitoli: l’organizzazione interna, il culto, le forme di assistenza, i percorsi educativi, il rapporto con le altre comunità italiane e dell’Impero, la partecipazione politica. Quest’articolazione consente di non guardare soltanto, come spesso accade quando si parla di ebrei, ai segmenti alti della stratificazione sociale, ma di prestare attenzione ai poveri e al ceto medio, due aree numericamente rilevanti del gruppo triestino. Il contributo degli ebrei all’economia di Trieste e dell’Impero, pur assolutamente fondamentale, passa invece in secondo piano ma è solo rinviato dall’autrice a un altro lavoro. La scelta di considerare la comunità nel suo complesso consente all’autrice di delineare un quadro diversificato dei percorsi di integrazione all’interno di una società come quella triestina che si distingueva da molte altre per il suo carattere cosmopolita e multiconfessionale. Alle conversioni e al processo di assimilazione – al quale in verità Catalan preferisce il termine integrazione ribadendo con questa scelta che non sempre l’assimilazione passa attraverso una totale rinuncia all’identità ebraica – sono dedicati due capitoli centrali e cruciali di questa densa ricerca. L’autrice infatti aggiunge un tassello importante all’annoso e controverso problema della trasformazione dell’identità ebraica. Nella Trieste asburgica, fermo restando l’estrema varietà dei percorsi individuali, l’integrazione passa attraverso la secolarizzazione, ma anche e soprattutto attraverso l’assunzione di una identità nazionale – spesso italiana – che, nei momenti cruciali viene anteposta a quella religiosa.

Daniela Luigia Caglioti