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Tutela, sicurezza e governo del territorio in Italia negli anni del centro-sinistra

Gianni Silei (a cura di)
Milano, FrancoAngeli, 299 pp., € 35,00

Anno di pubblicazione: 2016

La stagione del centro-sinistra ha indubbiamente rappresentato un tornante per lo sviluppo di politiche ambientali, urbanistiche e dei beni culturali nel nostro paese, anche sotto il profilo della sensibilità pubblica. Negli anni precedenti, l’ambiente nella sua integralità era stato subordinato alle esigenze di ricostruzione postbellica, e gli strumenti di tutela e di regolazione messi a punto in epoca fascista (la legge sulle bellezze naturali del 1939, la legge urbanistica del 1942) finirono sostanzialmente disapplicati. Così, per esempio, in nome della necessità di creare abitazioni, nei centri urbani si assistette a uno sviluppo edilizio speculativo del tutto fuori controllo.
La nuova formula governativa rimise al centro del dibattito tecnico e politico questi temi, sia per un legame considerato inscindibile tra programmazione economica e pianificazione territoriale, sia sull’onda di eventi catastrofici che posero in evidenza la fragilità dell’assetto idrogeologico della penisola nonché la carenza di un’adeguata strumentazione emergenziale (il disastro del Vajont del 1963, la frana di Agrigento e l’alluvione di Firenze del 1966, il terremoto del Belice del 1968, ecc.).
Il volume, attraverso un confronto interdisciplinare, affronta in modo ampio e puntuale le questioni aperte dal cantiere del centro-sinistra e dalla temperie tecnica e culturale che lo contornò. Tra le altre: la nascita e lo sviluppo di una coscienza ambientalista, per esempio attraverso l’attività – anche pubblicistica – di associazioni quali Italia Nostra o il Touring Club Italiano (L. Rombai, A. Malfitano, L. Piccioni); i tormentati tentativi di riforma urbanistica e l’adozione, infine, della cosiddetta «legge ponte» del 1967 (S. Maggi, G. Nicolosi); la gestione delle emergenze, con i risvolti sociali e territoriali connessi, e l’estrema difficoltà politica nel mettere a punto uno strumento organico di protezione civile (D. Albarello, S. Ventura, F. Paolini, D. Mengozzi, D. Gobbo, G. Silei); il consolidamento della tutela del patrimonio culturale e ambientale (A. Ragusa) anche sotto l’aspetto dell’evoluzione concettuale e giuridica (P. Passaniti, F. Degl’Innocenti).
Gli studi raccolti hanno il merito di fornire chiavi di lettura che si inseriscono in una discussione più ampia sul governo del territorio e sul valore dell’esperienza riformatrice del centro-sinistra, che sottovalutò «le resistenze alla modernizzazione, e con esse il sussistente rapporto tra vecchio e nuovo», finendo tuttavia per ridisegnare «lo spazio dello stato nazionale» (M. Degl’Innocenti, pp. 19-20).
Il quadro che emerge, pur con qualche felice eccezione – come nel caso della gestione e della creazione delle aree protette (L. Piccioni) – consente di estendere alle varie questioni aperte il «bilancio in chiaroscuro» che il curatore trae dall’esperienza della ricostruzione del Vajont: «A ben vedere […] si trattò di una occasione non colta fino in fondo, di un esperimento rimasto incompiuto più che di ennesima occasione mancata» (p. 236).

Bruno Ziglioli