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Ucraina. Il genocidio dimenticato, 1932-1933

Ettore Cinnella
Pisa, Della Porta, 302 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2015

L’a. dedica un documentato libro a una delle vicende più tragiche della storia
dell’Urss: la carestia del 1932-1933, definita dagli ucraini Holodomor. L’a. colloca gli
eventi in un’ampia ricostruzione del contesto storico, dominato dalla figura di Stalin e
dalla violenta sterzata imposta al paese dopo la fine della Nep, incentrata sulla collettivizzazione
delle campagne, sulle lotte politiche dall’affare Rjutin all’omicidio di Kirov, sulle
preoccupazioni della dirigenza sovietica per la situazione internazionale, in particolare
per il ruolo della Polonia lungo la frontiera occidentale. Il nucleo principale delle fonti
utilizzate è costituito dai documenti prodotti dal regime sovietico, vagliati e pubblicati
grazie all’apertura degli archivi in epoca postcomunista. A essi si affiancano le informazioni
raccolte all’epoca dalle rappresentanze diplomatiche straniere, e le testimonianze dei
sopravvissuti, scaturite da interviste realizzate a partire dalla fine degli anni ’80 del ’900.
L’a. si sofferma anche sul dibattito storiografico tra specialisti angloamericani, russi,
ucraini, in particolare sul momento di svolta inaugurato dalla pubblicazione del libro di
Robert Conquest (1986). Per quanto riguarda la discussione sul numero delle vittime
della carestia (che investì anche altri territori dell’Urss), l’a. sottoscrive la tesi che calcola,
per la sola Ucraina, tra i tre e i quattro milioni di morti. Almeno altre due questioni
sono state oggetto di controversia tra gli storici: se la carestia sia stata intenzionalmente
prodotta da Stalin per spezzare la resistenza contadina, e se sia applicabile in questo caso
la categoria di genocidio. L’a., che sposa la definizione di «carestia terroristica» coniata da
Conquest, risponde in entrambi i casi affermativamente: «pochi dubbi possono esserci sul
fatto che la grande fame fu orchestrata per impartire una lezione ai contadini» (p. 276),
scrive nel capitolo conclusivo del libro, dove illustra anche le ragioni della propria adesione
al concetto di «genocidio sociale». L’a. non giunge invece a sottoscrivere la definizione
di «genocidio nazionale», divenuta un pilastro della storiografia ucraina contemporanea
e un motivo di aspro contrasto con gli storici russi. Al tempo stesso pone grande enfasi
sulle motivazioni nazionali della politica punitiva adottata da Stalin sia nei confronti dei
contadini ucraini che degli allevatori nomadi kazachi, e sottolinea che il quadro politico
nel quale si colloca la carestia si caratterizza per la volontà dei vertici di contrastare gli
effetti indesiderati dell’«ucrainizzazione», promossa negli anni ’20 dalla korenizacija (indigenizzazione),
e di punire l’intelligencija nazionale ucraina.
Nell’introduzione l’a. riconduce la propria scelta di scrivere un libro sull’Holodomor
alle sollecitazioni scaturite dall’odierno conflitto russo-ucraino: nel contesto della «aggressione
russa all’Ucraina», scrive, «mi è parso […] un dovere civico far conoscere nei
dettagli la pagina più fosca del comunismo sovietico» (p. 11). Il recensore registra questa
motivazione, non senza esprimere perplessità sull’istituzione di una relazione di questo
tipo tra passato e presente.

 Giovanna Cigliano